Rapporto CRESME, l'impiantistica in edilizia in costante crescita

L'impiantistica in edilizia si conferma in ascesa: vale il 33% dell'occupazione e vanta 200.000 unità locali, 750.000 addetti e € 118 miliardi di fatturato. Nondimeno, se gli sconti fiscali tornassero al ribasso, a fine anno si paventerebbe una discesa.
In seno alla 41° Mostra Convegno Expoconfort di Milano, il 13 marzo 2018 è stato presentato il 4° Rapporto Congiunturale e Previsionale sul “Mercato Italiano dell’Installazione degli Impianti in Edilizia 2018-2021”, realizzato da CRESME con la partnership di MCE, CNA Impianti, ANIMA e ANGAISA. 
 Nel 2017 gli investimenti effettuati dagli utilizzatori ammontano a circa 60 miliardi, inclusi i lavori sviluppati da imprese non specializzate e/o dal fai-da-te. Si tratta di una crescita del 5% rispetto a quanto registrato nel 2016. La somma dei fatturati della filiera impiantistica per l’edilizia, vale a dire il fatturato cumulato di industrie, distributori e installatori coinvolti è stato di oltre 118 miliardi di euro. 

Siamo al cospetto di un ambito economico che coinvolge circa 200mila unità locali e 750mila addetti, distribuiti fra industrie e laboratori di fabbricazione, esercizi commerciali, installatori. L’anno scorso, le industrie hanno visto crescere del +7%, la distribuzione del +4%, l’installazione del +5%. Rapportando tale importo al valore della produzione complessiva in edilizia (escluse quindi le opere a rete del genio civile) emerge che al 2017 il settore impiantistica riveste un ruolo di primissimo piano assorbendo il 46% delle risorse destinate all’edilizia, attraverso interventi di ammodernamento e manutenzione dell’esistente e di collocazione nei nuovi fabbricati; si è quindi andata determinando una dinamica di sensibile accrescimento del proprio peso all’interno delle costruzioni. I dati strutturali sull’occupazione mettono in evidenza come negli anni ’90 l’occupazione nel settore dell’installazione impianti era pari al 20% di quella totale delle costruzioni, nel 2015, ultimo dato disponibili, la percentuale è salita al 33%. 

Non è difficile prevedere che questa percentuale continuerà a salire grazie alle dinamiche che caratterizzano l’innovazione tecnologica, all’evoluzione dell’efficientamento energetico e alla crescita dell’IoT. Gli impianti vedono crescere il loro peso anche nelle nuove costruzioni grazie soprattutto al risparmio energetico e all’evolversi del comfort abitativo; e crescono anche grazie alla loro naturale obsolescenza tecnologica e, pertanto, mostrano un ciclo di vita più ridotto rispetto ad altri materiali e componenti (si pensi alle finiture e alle strutture). 

Come auspicabile, un grande contributo a questa crescita è venuto dalla riqualificazione edilizia che, nell’ultima fase economica, ha goduto di una migliore performance rispetto agli altri segmenti del mercato e che privilegia da un lato le finiture e, dall’altro, proprio gli impianti. 
Proprio circa le previsioni 2018 e 2019, tuttavia, lo scenario secondo il CRESME dipenderà moltissimo dalla proroga o meno dell'attuale regime di favore per gli interventi di recupero edilizio ed ecobonus, che scadrà a fine 2018 ad escelusione degli interventi sulle parti comuni dei condomini e per il sismabonus. In efeftti, in caso non si pervenisse a un’ulteriore proroga (con le attuali aliquote) per il 2019 e per gli anni seguenti delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione e di riqualificazione interni alle abitazioni, il quadro cambierebbe. 
Nell’ultima legge di Stabilità per il 2018, è ancora una volta prevista l’interruzione dei meccanismi agevolativi interni alle abitazioni alla fine dell’anno; contemporaneamente, sono potenziati gli interventi di miglioramento antisismico, attraverso la riduzione delle annualità di detrazione (5 anni) e la maggiorazione delle aliquote di detrazione (fino all’85%). Vengono potenziati (fino al 75% di detrazione) anche gli interventi di riqualificazione energetica ma solo per gli interventi su parti comuni condominiali o che interessino tutte le unità abitative dell’edificio che comportino un oggettivo risparmio energetico. Allo stesso tempo sono rimodulati (al 50%) alcuni interventi che non migliorano sensibilmente il fabbisogno energetico. 

È dunque evidente che la manovra comporta, nel 2019 e negli anni seguenti, una “disincentivazione” a ristrutturare e ammodernare la singola abitazione. Si ricorda che quello degli interventi nei singoli alloggi ha rappresentato la stragrande maggioranza degli interventi incentivati.  
Ad oggi è presto per prevedere un’ulteriore proroga per gli anni a venire, con le attuali aliquote. Tutto dipenderà da una serie di fattori: quali l’Agenda politica del nuovo Governo, la misura dell’efficacia dell’ulteriore stimolo ad intervenire sugli involucri degli edifici; quanto il mercato sarà in grado di muovere l’adeguamento antisismico (magari congiunto con l’efficientamento energetico) ed infine, quanto peserà la valutazione di impatto fiscale nella decisione di proroga: si ricorda infatti che la soppressione degli incentivi potrà determinare sia un ridimensionamento del mercato, sia un ricorso al lavoro nero. Entrambi con conseguenze piuttosto negative per il gettito fiscale. In definitiva, qualora non venissero prorogati gli incentivi per interventi interni alle abitazioni, lo scenario potrà essere il seguente: una rincorsa – e un favorevole risultato per il mercato - nel 2018 per rientrare nel campo delle agevolazioni e, successivamente una repentina perdita di quote di domanda nel 2019 (differenti sulla base del tipo e della funzione dell’impianto) e una minore vivacità di crescita (+4,6% nel 2017 e -8,0 % nel 2019).
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