Piena di energia
E’ l’edilizia del futuro, energeticamente efficiente e a basso consumo. Un mercato dall’enorme potenziale, fatto di nuove costruzioni ma soprattutto di riqualificazione dell’esistente. La normativa, gli incentivi, le merceologie, e uno sguardo alle dinamiche di un mercato che sembra poter trarre nuovo vigore da questa nuova filosofia del costruire.
In una fase congiunturale difficile come quella che ormai da qualche anno sta vivendo l’economia nazionale, e in particolare l’industria delle costruzioni, resa ancor più complessa dai forti cambiamenti ed evoluzioni che ha vissuto il settore, la ricerca di nuove aree di espansione in grado di sostenere il mercato e condurlo verso la ripresa è stata particolarmente intensa, anche per la consapevolezza dell’impossibilità di tornare a pratiche e dinamiche del passato. E non c’è dubbio che tra i frutti di questa ricerca si collochino, pressoché in parallelo, da un lato la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e dall’altro un’edilizia di nuova concezione, entrambe unificate da un denominatore comune rappresentato dal miglioramento delle performance energetiche dell’edificio e dalla riduzione della sua impronta ambientale. Concezioni, queste, dalle mille declinazioni sia tecnologiche che di mercato, e che hanno senza dubbio rappresentato un elemento di forte novità sia dal punto di vista puramente tecnico che da quello, per così dire, filosofico. Dimostrato da un quadro normativo impostato in questa direzione, dal fiorire di protocolli e sistemi di certificazione, dalla crescente attenzione del pubblico verso queste tematiche e, in tempi più recenti, da una tendenza a premiare l’edilizia improntata a tali concetti. Quantificare le ricadute di queste dinamiche sempre più consolidate in termini di impatto concreto sul mercato delle costruzioni e le prospettive da esse aperte è al tempo stesso una sfida e una necessità per un settore che voglia allinearsi a concetti non più relegati alla pura dimensione dell’obbligo normativo, ma sempre più diffusi nella consapevolezza comune, e sostenuti non solo dalla pura sensibilità ambientale ma da ben precise motivazioni economiche e strategiche. Nelle prossime pagine proveremo a delinearne i contorni.
Il quadro normativo
Il tema dell’efficienza energetica degli edifici ha in questi ultimi anni ricevuto crescenti attenzioni da parte del legislatore, che si è concretizzato nell’introduzione di obblighi sempre più restrittivi in materia e, di conseguenza, in una crescente informazione e sensibilizzazione degli operatori del settore. Dall’introduzione nel 2005 del Decreto Legislativo n. 192 - Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia molto è stato fatto per accrescere la consapevolezza culturale verso l’uso razionale delle risorse energetiche e la sostenibilità in edilizia, e in questa ottica l’Attestato di Prestazione Energetica doveva rappresentare una importante leva di indirizzo del mercato immobiliare verso costruzioni sempre più efficienti e verso la riqualificazione in chiave energetica del parco edilizio esistente in virtù dell’obbligo di allegarlo a tutti gli atti di trasferimento dell’immobile. Allo stato attuale tali ricadute sono ancora limitate, senza dubbio in parte per la perdurante crisi economica, ma anche per un quadro normativo complesso e frammentato in cui i sono susseguite numerose novità. Ai fini delle prestazioni energetiche dell’edificio, L’articolo 6 del D.Lgs. 192/05 è forse quello che ha subito le maggiori modifiche e adeguamenti, prima integralmente sostituito dall’art. 6 della del DL. 63/13 convertito in L.90/13 e poi modificato dal DL. 145/13 decreto Destinazione Italia convertito nella L. 9/14. In base al nuovo testo, l'attestato di prestazione energetica degli edifici è rilasciato per edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario e per edifici utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico con superficie utile totale superiore a 500 m2. Gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti sono dotati di un attestato di prestazione energetica prima del rilascio del certificato di agibilità; nel caso di nuovo edificio, l'attestato è prodotto a cura del costruttore, sia esso committente della costruzione o società di costruzione che opera direttamente, mentre nel caso di attestazione della prestazione degli edifici esistenti l'attestato è prodotto a cura del proprietario dell'immobile. Nel caso di vendita, di trasferimento a titolo gratuito o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari il proprietario è sempre tenuto a produrre l'attestato di prestazione energetica. L'attestato ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio e deve essere aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare. La validità temporale massima è subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica dei sistemi tecnici dell'edificio, in particolare per gli impianti termici, comprese le eventuali necessità di adeguamento.
Alcune delle modifiche introdotte al citato articolo 6 rappresentano indubbiamente degli interessanti elementi di novità, che potrebbero determinare, unitamente a una effettiva campagna di controlli, un cambiamento di rotta verso una applicazione più concreta della certificazione energetica. Fra questi, l’obbligo per gli edifici nuovi di produrre l’APE finalizzato al rilascio dell’agibilità; l’obbligo di rendere disponibile l’APE fin dall’avvio delle trattative di compravendita o locazione; l’introduzione di una sanzione amministrativa pecunaria in solido e in parti uguali a carico delle parti nel caso di mancata allegazione dell’APE con affidamento dei controlli alla Guardia di Finanza e Agenzia dell’Entrate.
Un nuovo concetto di costruzione…
Il tema dell’efficienza energetica è oggi intrecciato con quello più ampio della sostenibilità e dell’impatto ambientale, che a sua volta si declina secondo un duplice binario, da un lato inerente all’impatto che la costruzione e gestione dell’edificio avrà sull’ambiente nella sua interezza, dall’altro alle tecnologie che costituiscono l’edificio analizzando l’impatto ambientale delle sue componenti e quindi di ogni suo materiale. Aspetti, questi, che coinvolgono tanto il settore della progettazione quanto quello delle aziende produttrici di materiali e sistemi, dagli isolanti ai blocchi passando per i serramenti e gli impianti.
I protocolli di valutazione attualmente disponibili consentono di definire il livello di sostenibilità di un edificio nella sua interezza, risultando un po’ più carenti nella valutazione degli impatti ambientali che i singoli materiali usati in quell’edificio hanno. Ciò perché la valutazione di sostenibilità di un prodotto è complessa, non avviene in maniera scontata per la presenza di una o più caratteristiche “bio”, ma va sempre rapportata a tutti i fattori che interagiscono tra prodotto e ambiente durante il suo ciclo di vita. E la questione si complica ulteriormente se si considera che la valutazione della sostenibilità di un prodotto si riferisce al suo intero ciclo di vita, dalla materia prima alla dismissione del prodotto finito. La prima grande difficoltà nel rispondere a queste domande è definire cosa si intende per “sostenibile” e quindi stabilire un criterio o una soglia di valori che consenta di valutare univocamente l’impatto che quel prodotto ha sull’ambiente. I fattori che intervengono nella produzione di diverse tipologie di materiali pur appartenenti ad una stessa categoria sono infatti molteplici e di diversa natura, spesso comparabili e a volte addirittura contrastanti.
Certificazione energetica e certificazione ambientale
Semplificando all’essenziale, si può dire che il concetto di sostenibilità applicato all’edilizia comporta che la prestazione e la funzionalità richiesta all’edificio sia ottenuta con il minimo impatto ambientale negativo, riducendo i consumi energetici, di acqua potabile, produzione di rifiuti anche con riferimento al ciclo di vita dei materiali e degli edifici. In questa ottica, La certificazione di sostenibilità ambientale è lo strumento che consente di dichiarare le prestazioni e gli impatti ambientali di un edificio sul territorio, ma non va confusa con la certificazione energetica. L’attestato di certificazione energetica degli edifici, con l’attribuzione di specifiche classi prestazionali, attesta infatti specificamente il consumo di energia espresso in KWh/mq anno di un edificio. La sua redazione è obbligatoria, e come ricordato rappresenta uno strumento di orientamento del mercato verso edifici a migliore rendimento energetico, permettendo di valutare la prestazione energetica dell’edificio di interesse e di confrontarla con i valori tecnicamente raggiungibili, in un bilancio costi/benefici. La classe energetica globale dell’edificio riportata nell’attestato è l’etichetta di efficienza energetica attribuita all’edificio sulla base di un intervallo convenzionale di riferimento all’interno del quale si colloca la sua prestazione energetica complessiva. La Certificazione Ambientale, invece, è il processo che permette di valutare un edificio non solo considerando i consumi e l'efficienza energetica, ma anche prendendo in considerazione l'impatto della costruzione sull'ambiente e sulla salute. La certificazione ambientale inoltre è sempre volontaria, e solo in alcune regioni è obbligatoria per accedere ad incentivi e bonus volumetrici ed economici al fine di promuovere la sostenibilità in edilizia.
…anche per la riqualificazione
Oltre a guidare il concetto di un’edilizia energeticamente più efficiente e a minore impatto ambientale, i concetti sopra delineati trovano espressione – e sbocchi di mercato forse ancor più interessanti – anche nel settore della riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente. Un dato, questo, reso evidente dall’andamento degli investimenti in costruzioni nel nostro paese, da cui si desume che solo il comparto della riqualificazione degli immobili residenziali mostra una tenuta dei livelli produttivi anche in questa fase di recessione. Se si considera che il parco edilizio nazionale è costituito da edifici per il 78% costruiti antecedentemente la prima legge sull’efficienza energetica in edilizia, la Legge 373/77, che arriva all’89% se si considera la più recente Legge 10/91, si può percepire quale sia la situazione dell’efficienza energetica degli immobili in Italia, tenendo anche conto del fatto che quest’ultima prevedeva dei limiti sull’involucro, definiti nel 1986, che portavano ad avere trasmittanze molto distanti dai limiti attuali del DLgs 192/2005 e seguenti. Riqualificare anche solo una minima parte dei 10 milioni di edifici costruiti prima del 1991 rappresenterebbe quindi un enorme bacino di interventi.
A fronte di tali opportunità, va segnalato che anche nell’ambito delle riqualificazioni il panorama normativo risulta alquanto complesso, non ultimo anche per le competenze in materia assegnate dalla legge agli enti locali. Attualmente la normativa a livello nazionale per gli edifici esistenti soggetti ad intervento prevede, sia per interventi di ristrutturazioni integrali degli elementi d’involucro e demolizioni e ricostruzioni in manutenzione straordinaria di edifici esistenti con superficie utile maggiore di 1000 m2, sia per le ristrutturazioni totali o parziali e manutenzioni straordinarie dell’involucro per tutti i casi diversi dai due sopra descritti, che le strutture su cui si è intervenuto rispettino determinate prescrizioni limite e requisiti. Requisiti che riguardano sostanzialmente l’efficienza energetica invernale, l’efficienza energetica estiva, i problemi termoigrometrici legati al comfort e alla salubrità ambientale.
Per quanto riguarda l’efficienza energetica invernale, i limiti sulla trasmittanza U in (W/m2K) dei componenti opachi o finestrati sono definiti nelle tabelle dell’allegato C del DLgs 311/2007. Il problema dell’efficienza energetica non si limita però alle dispersioni di calore e quindi ai consumi invernali ma, soprattutto in un paese mediterraneo come il nostro, deve tenere conto delle criticità legate al surriscaldamento estivo. Sempre di più si ricorre agli impianti condizionamento con dei picchi di consumi energetici nel periodo caldo che superano quelli del periodo freddo; quando si agisce su un edificio bisogna quindi prevedere di migliorarne le prestazioni anche da questo punto di vista.
Un ampio mercato per materiali e sistemi
Gli interventi da realizzare sull’involucro per migliorare la prestazione energetica dell’edificio possono essere di varia natura e consistenza; ma per eseguire una corretta riqualificazione che dia delle garanzie di risultato è indispensabile effettuare una diagnosi preventiva, che permetta di capire quali sono i punti più critici e i primi su cui intervenire. Una prima analisi qualitativa con macchine termografiche delinea già il comportamento energetico dell’edificio e segnala i maggiori punti di dispersione. Altrettanto importante, in un intervento di riqualificazione, è definire dei limiti alle prestazioni richieste all’edificio, aspetto che dipende in misura importante dal punto di partenza. Evidentemente, portare un edificio di classe G alla Classe A comporta una certa spesa e complessità che vanno valutate tenendo conto sia dell’apporto dell’edifico che dell’apporto impiantistico che dell’utilizzo di energie da fonti rinnovabili. Analogamente, se scopo dell’intervento è ottenere un miglioramento delle performance energetiche senza affrontare interventi massicci e onerosi e con tempi di ritorno ragionevoli, i salti di classe saranno più limitati. Ma spesso ugualmente rilevanti in termini economici, se consideriamo che passare dalla classe energetica F alla classe energetica C, che attualmente può essere considerata sul livello dei limiti attuali, significa dimezzare il fabbisogno di energia.
Quale che sia la strategia di riqualificazione prescelta, i materiali e sistemi coinvolti possono essere numerosi, anche se il fronte più direttamente impegnato è senza dubbio quello dell’isolamento, ambito in cui coibentazione dall’esterno, coibentazione dall’interno o insufflaggio in intercapedine sono gli interventi possibili per la riqualificazione energetica dell’edificio. Altrettanta rilevanza hanno gli interventi sulla serramentistica, contesto in cui la diffusione di telai isolati e vetri bassoemissivi ha fornito un importante contributo alle performance energetiche dell’edificio. Da non dimenticare inoltre, l’utilizzo sempre più diffuso di elementi costruttivi ad alte prestazioni energetiche, fra cui in particolare i blocchi in laterizio con isolante interposto.
Ma quali sono concretamente, oggi e in prospettiva, i numeri di questo mercato? Ad aiutarci in questa stima è l’indagine annuale dedicata da Cresme al settore delle costruzioni.
L’obsolescenza degli edifici, l’adeguamento alle recenti normative europee in tema di miglioramento delle prestazioni energetiche e di lotta alle emissioni nocive in atmosfera per il raggiungimento degli obiettivi 20-20-20, la personalizzazione degli immobili e le varie forme di incentivazione fiscale introdotte, sono solo alcuni dei fattori che potrebbero garantire il rilancio del settore edile e del sistema-Paese, contribuendo, come spiega il rapporto, nella misura del 2% al PIL nazionale.
Secondo le stime elaborate da Cresme nel mese di maggio 2014 concernenti il valore della produzione delle costruzioni, nel 2013, su un valore della produzione dell’intero settore delle costruzioni stimato in 174,6 miliardi di euro (comprensivi degli investimenti in impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili – impianti FER, ed escluse le spese per i trasferimenti di proprietà) la spesa in interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria ammonterebbe a 116,8 miliardi di euro, pari pertanto al 66,9% dell’intero fatturato dell’edilizia, con un significativo incremento delle risorse investite rispetto alle previsioni elaborate nell’autunno del 2013 contenute nel precedente dossier. L’incremento è da attribuire interamente al notevole impatto determinato dal ricorso alle misure di incentivazione, con una conseguente revisione della stima degli interventi che hanno beneficiato di tali misure. Sulla base della nuova stima, dal 2006, anno di picco del ciclo immobiliare del primo decennio degli anni 2000, il peso della riqualificazione sul mercato delle costruzioni sarebbe cresciuto di 11,5 punti percentuali passando dal 55,4 % della produzione totale al 66.9%. La crescita dell’attività di rinnovo è il risultato di due dinamiche contrastanti: da un lato, la consistente riduzione degli investimenti nell’edilizia di nuova realizzazione, passati dal 44,3% del valore della produzione al 28,8%, e in termini assoluti, a valori correnti, da 85 miliardi di euro a meno di 51; dall’altro, la crescita del rinnovo nelle sue diverse componenti della manutenzione straordinaria e ordinaria, che ha visto il valore della produzione passare, a valori correnti, dai 106,6 miliardi di euro del 2006 ai 116,8 del 2013.
Ancor più significativi, ai fini della nostra indagine, sono i dati ISTAT sulla produzione di materiali, sistemi e componenti per le costruzioni, pur mostrando una dinamica negativa per il 2013, registrano sul finire dell’anno e, soprattutto nei primi tre mesi del 2014, un’inversione di tendenza, che interessa varie tipologie di prodotti: dal legno ai laterizi, dal cemento al vetro piano, dalle porte in metallo alla plastica per l’edilizia e ai prodotti in calcestruzzo per l’edilizia. Certo si tratta ancora di una situazione articolata, e non tutti i prodotti ne beneficiano, anche se si registrano segnali di miglioramento: su undici prodotti presi a campione, ben nove registrano nel primo trimestre dell’anno una crescita, mentre tre sono ancora in calo.
Il forte potenziale di mercato di un’edilizia energeticamente efficiente è testimoniato anche da altre tendenze, che riguardano in questo caso l’accoglienza da parte del pubblico degli utilizzatori finali. Significativo in questo senso, in particolare, è il recente studio condotto nel 2013 da Nomisma e Pentapolis dal titolo “Abitare Verde: tendenze in atto e futuri drivers di mercato”, da cui sembra emergere come attenzione all’ambiente, al risparmio energetico e alla salute costituiranno sempre più i fattori trainanti del mercato immobiliare. Secondo tale ricerca, a orientare la scelta di un'abitazione sono già oggi fattori come la classe energetica dell'edificio (indicata dal 22,8% delle famiglie), la tipologia nuova o ristrutturata dell'immobile (19,5%), l'utilizzo di materiali non nocivi alla salute (15,1%) e la presenza di impianti di energia rinnovabile (14,7%). Specularmente, fra gli interventi sull’edilizia esistente guidano la classifica la sostituzione di infissi (10,5%) e caldaie (12%), l'isolamento termico dei muri esterni (cappotti e coibentazioni), la bonifica da materiali considerati nocivi per la salute (intonaci vecchi, materiali trattati) e l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il quadro normativo
Il tema dell’efficienza energetica degli edifici ha in questi ultimi anni ricevuto crescenti attenzioni da parte del legislatore, che si è concretizzato nell’introduzione di obblighi sempre più restrittivi in materia e, di conseguenza, in una crescente informazione e sensibilizzazione degli operatori del settore. Dall’introduzione nel 2005 del Decreto Legislativo n. 192 - Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia molto è stato fatto per accrescere la consapevolezza culturale verso l’uso razionale delle risorse energetiche e la sostenibilità in edilizia, e in questa ottica l’Attestato di Prestazione Energetica doveva rappresentare una importante leva di indirizzo del mercato immobiliare verso costruzioni sempre più efficienti e verso la riqualificazione in chiave energetica del parco edilizio esistente in virtù dell’obbligo di allegarlo a tutti gli atti di trasferimento dell’immobile. Allo stato attuale tali ricadute sono ancora limitate, senza dubbio in parte per la perdurante crisi economica, ma anche per un quadro normativo complesso e frammentato in cui i sono susseguite numerose novità. Ai fini delle prestazioni energetiche dell’edificio, L’articolo 6 del D.Lgs. 192/05 è forse quello che ha subito le maggiori modifiche e adeguamenti, prima integralmente sostituito dall’art. 6 della del DL. 63/13 convertito in L.90/13 e poi modificato dal DL. 145/13 decreto Destinazione Italia convertito nella L. 9/14. In base al nuovo testo, l'attestato di prestazione energetica degli edifici è rilasciato per edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario e per edifici utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico con superficie utile totale superiore a 500 m2. Gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti sono dotati di un attestato di prestazione energetica prima del rilascio del certificato di agibilità; nel caso di nuovo edificio, l'attestato è prodotto a cura del costruttore, sia esso committente della costruzione o società di costruzione che opera direttamente, mentre nel caso di attestazione della prestazione degli edifici esistenti l'attestato è prodotto a cura del proprietario dell'immobile. Nel caso di vendita, di trasferimento a titolo gratuito o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari il proprietario è sempre tenuto a produrre l'attestato di prestazione energetica. L'attestato ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio e deve essere aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare. La validità temporale massima è subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica dei sistemi tecnici dell'edificio, in particolare per gli impianti termici, comprese le eventuali necessità di adeguamento.
Alcune delle modifiche introdotte al citato articolo 6 rappresentano indubbiamente degli interessanti elementi di novità, che potrebbero determinare, unitamente a una effettiva campagna di controlli, un cambiamento di rotta verso una applicazione più concreta della certificazione energetica. Fra questi, l’obbligo per gli edifici nuovi di produrre l’APE finalizzato al rilascio dell’agibilità; l’obbligo di rendere disponibile l’APE fin dall’avvio delle trattative di compravendita o locazione; l’introduzione di una sanzione amministrativa pecunaria in solido e in parti uguali a carico delle parti nel caso di mancata allegazione dell’APE con affidamento dei controlli alla Guardia di Finanza e Agenzia dell’Entrate.
Un nuovo concetto di costruzione…
Il tema dell’efficienza energetica è oggi intrecciato con quello più ampio della sostenibilità e dell’impatto ambientale, che a sua volta si declina secondo un duplice binario, da un lato inerente all’impatto che la costruzione e gestione dell’edificio avrà sull’ambiente nella sua interezza, dall’altro alle tecnologie che costituiscono l’edificio analizzando l’impatto ambientale delle sue componenti e quindi di ogni suo materiale. Aspetti, questi, che coinvolgono tanto il settore della progettazione quanto quello delle aziende produttrici di materiali e sistemi, dagli isolanti ai blocchi passando per i serramenti e gli impianti.
I protocolli di valutazione attualmente disponibili consentono di definire il livello di sostenibilità di un edificio nella sua interezza, risultando un po’ più carenti nella valutazione degli impatti ambientali che i singoli materiali usati in quell’edificio hanno. Ciò perché la valutazione di sostenibilità di un prodotto è complessa, non avviene in maniera scontata per la presenza di una o più caratteristiche “bio”, ma va sempre rapportata a tutti i fattori che interagiscono tra prodotto e ambiente durante il suo ciclo di vita. E la questione si complica ulteriormente se si considera che la valutazione della sostenibilità di un prodotto si riferisce al suo intero ciclo di vita, dalla materia prima alla dismissione del prodotto finito. La prima grande difficoltà nel rispondere a queste domande è definire cosa si intende per “sostenibile” e quindi stabilire un criterio o una soglia di valori che consenta di valutare univocamente l’impatto che quel prodotto ha sull’ambiente. I fattori che intervengono nella produzione di diverse tipologie di materiali pur appartenenti ad una stessa categoria sono infatti molteplici e di diversa natura, spesso comparabili e a volte addirittura contrastanti.
Certificazione energetica e certificazione ambientale
Semplificando all’essenziale, si può dire che il concetto di sostenibilità applicato all’edilizia comporta che la prestazione e la funzionalità richiesta all’edificio sia ottenuta con il minimo impatto ambientale negativo, riducendo i consumi energetici, di acqua potabile, produzione di rifiuti anche con riferimento al ciclo di vita dei materiali e degli edifici. In questa ottica, La certificazione di sostenibilità ambientale è lo strumento che consente di dichiarare le prestazioni e gli impatti ambientali di un edificio sul territorio, ma non va confusa con la certificazione energetica. L’attestato di certificazione energetica degli edifici, con l’attribuzione di specifiche classi prestazionali, attesta infatti specificamente il consumo di energia espresso in KWh/mq anno di un edificio. La sua redazione è obbligatoria, e come ricordato rappresenta uno strumento di orientamento del mercato verso edifici a migliore rendimento energetico, permettendo di valutare la prestazione energetica dell’edificio di interesse e di confrontarla con i valori tecnicamente raggiungibili, in un bilancio costi/benefici. La classe energetica globale dell’edificio riportata nell’attestato è l’etichetta di efficienza energetica attribuita all’edificio sulla base di un intervallo convenzionale di riferimento all’interno del quale si colloca la sua prestazione energetica complessiva. La Certificazione Ambientale, invece, è il processo che permette di valutare un edificio non solo considerando i consumi e l'efficienza energetica, ma anche prendendo in considerazione l'impatto della costruzione sull'ambiente e sulla salute. La certificazione ambientale inoltre è sempre volontaria, e solo in alcune regioni è obbligatoria per accedere ad incentivi e bonus volumetrici ed economici al fine di promuovere la sostenibilità in edilizia.
…anche per la riqualificazione
Oltre a guidare il concetto di un’edilizia energeticamente più efficiente e a minore impatto ambientale, i concetti sopra delineati trovano espressione – e sbocchi di mercato forse ancor più interessanti – anche nel settore della riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente. Un dato, questo, reso evidente dall’andamento degli investimenti in costruzioni nel nostro paese, da cui si desume che solo il comparto della riqualificazione degli immobili residenziali mostra una tenuta dei livelli produttivi anche in questa fase di recessione. Se si considera che il parco edilizio nazionale è costituito da edifici per il 78% costruiti antecedentemente la prima legge sull’efficienza energetica in edilizia, la Legge 373/77, che arriva all’89% se si considera la più recente Legge 10/91, si può percepire quale sia la situazione dell’efficienza energetica degli immobili in Italia, tenendo anche conto del fatto che quest’ultima prevedeva dei limiti sull’involucro, definiti nel 1986, che portavano ad avere trasmittanze molto distanti dai limiti attuali del DLgs 192/2005 e seguenti. Riqualificare anche solo una minima parte dei 10 milioni di edifici costruiti prima del 1991 rappresenterebbe quindi un enorme bacino di interventi.
A fronte di tali opportunità, va segnalato che anche nell’ambito delle riqualificazioni il panorama normativo risulta alquanto complesso, non ultimo anche per le competenze in materia assegnate dalla legge agli enti locali. Attualmente la normativa a livello nazionale per gli edifici esistenti soggetti ad intervento prevede, sia per interventi di ristrutturazioni integrali degli elementi d’involucro e demolizioni e ricostruzioni in manutenzione straordinaria di edifici esistenti con superficie utile maggiore di 1000 m2, sia per le ristrutturazioni totali o parziali e manutenzioni straordinarie dell’involucro per tutti i casi diversi dai due sopra descritti, che le strutture su cui si è intervenuto rispettino determinate prescrizioni limite e requisiti. Requisiti che riguardano sostanzialmente l’efficienza energetica invernale, l’efficienza energetica estiva, i problemi termoigrometrici legati al comfort e alla salubrità ambientale.
Per quanto riguarda l’efficienza energetica invernale, i limiti sulla trasmittanza U in (W/m2K) dei componenti opachi o finestrati sono definiti nelle tabelle dell’allegato C del DLgs 311/2007. Il problema dell’efficienza energetica non si limita però alle dispersioni di calore e quindi ai consumi invernali ma, soprattutto in un paese mediterraneo come il nostro, deve tenere conto delle criticità legate al surriscaldamento estivo. Sempre di più si ricorre agli impianti condizionamento con dei picchi di consumi energetici nel periodo caldo che superano quelli del periodo freddo; quando si agisce su un edificio bisogna quindi prevedere di migliorarne le prestazioni anche da questo punto di vista.
Un ampio mercato per materiali e sistemi
Gli interventi da realizzare sull’involucro per migliorare la prestazione energetica dell’edificio possono essere di varia natura e consistenza; ma per eseguire una corretta riqualificazione che dia delle garanzie di risultato è indispensabile effettuare una diagnosi preventiva, che permetta di capire quali sono i punti più critici e i primi su cui intervenire. Una prima analisi qualitativa con macchine termografiche delinea già il comportamento energetico dell’edificio e segnala i maggiori punti di dispersione. Altrettanto importante, in un intervento di riqualificazione, è definire dei limiti alle prestazioni richieste all’edificio, aspetto che dipende in misura importante dal punto di partenza. Evidentemente, portare un edificio di classe G alla Classe A comporta una certa spesa e complessità che vanno valutate tenendo conto sia dell’apporto dell’edifico che dell’apporto impiantistico che dell’utilizzo di energie da fonti rinnovabili. Analogamente, se scopo dell’intervento è ottenere un miglioramento delle performance energetiche senza affrontare interventi massicci e onerosi e con tempi di ritorno ragionevoli, i salti di classe saranno più limitati. Ma spesso ugualmente rilevanti in termini economici, se consideriamo che passare dalla classe energetica F alla classe energetica C, che attualmente può essere considerata sul livello dei limiti attuali, significa dimezzare il fabbisogno di energia.
Quale che sia la strategia di riqualificazione prescelta, i materiali e sistemi coinvolti possono essere numerosi, anche se il fronte più direttamente impegnato è senza dubbio quello dell’isolamento, ambito in cui coibentazione dall’esterno, coibentazione dall’interno o insufflaggio in intercapedine sono gli interventi possibili per la riqualificazione energetica dell’edificio. Altrettanta rilevanza hanno gli interventi sulla serramentistica, contesto in cui la diffusione di telai isolati e vetri bassoemissivi ha fornito un importante contributo alle performance energetiche dell’edificio. Da non dimenticare inoltre, l’utilizzo sempre più diffuso di elementi costruttivi ad alte prestazioni energetiche, fra cui in particolare i blocchi in laterizio con isolante interposto.
Ma quali sono concretamente, oggi e in prospettiva, i numeri di questo mercato? Ad aiutarci in questa stima è l’indagine annuale dedicata da Cresme al settore delle costruzioni.
L’obsolescenza degli edifici, l’adeguamento alle recenti normative europee in tema di miglioramento delle prestazioni energetiche e di lotta alle emissioni nocive in atmosfera per il raggiungimento degli obiettivi 20-20-20, la personalizzazione degli immobili e le varie forme di incentivazione fiscale introdotte, sono solo alcuni dei fattori che potrebbero garantire il rilancio del settore edile e del sistema-Paese, contribuendo, come spiega il rapporto, nella misura del 2% al PIL nazionale.
Secondo le stime elaborate da Cresme nel mese di maggio 2014 concernenti il valore della produzione delle costruzioni, nel 2013, su un valore della produzione dell’intero settore delle costruzioni stimato in 174,6 miliardi di euro (comprensivi degli investimenti in impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili – impianti FER, ed escluse le spese per i trasferimenti di proprietà) la spesa in interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria ammonterebbe a 116,8 miliardi di euro, pari pertanto al 66,9% dell’intero fatturato dell’edilizia, con un significativo incremento delle risorse investite rispetto alle previsioni elaborate nell’autunno del 2013 contenute nel precedente dossier. L’incremento è da attribuire interamente al notevole impatto determinato dal ricorso alle misure di incentivazione, con una conseguente revisione della stima degli interventi che hanno beneficiato di tali misure. Sulla base della nuova stima, dal 2006, anno di picco del ciclo immobiliare del primo decennio degli anni 2000, il peso della riqualificazione sul mercato delle costruzioni sarebbe cresciuto di 11,5 punti percentuali passando dal 55,4 % della produzione totale al 66.9%. La crescita dell’attività di rinnovo è il risultato di due dinamiche contrastanti: da un lato, la consistente riduzione degli investimenti nell’edilizia di nuova realizzazione, passati dal 44,3% del valore della produzione al 28,8%, e in termini assoluti, a valori correnti, da 85 miliardi di euro a meno di 51; dall’altro, la crescita del rinnovo nelle sue diverse componenti della manutenzione straordinaria e ordinaria, che ha visto il valore della produzione passare, a valori correnti, dai 106,6 miliardi di euro del 2006 ai 116,8 del 2013.
Ancor più significativi, ai fini della nostra indagine, sono i dati ISTAT sulla produzione di materiali, sistemi e componenti per le costruzioni, pur mostrando una dinamica negativa per il 2013, registrano sul finire dell’anno e, soprattutto nei primi tre mesi del 2014, un’inversione di tendenza, che interessa varie tipologie di prodotti: dal legno ai laterizi, dal cemento al vetro piano, dalle porte in metallo alla plastica per l’edilizia e ai prodotti in calcestruzzo per l’edilizia. Certo si tratta ancora di una situazione articolata, e non tutti i prodotti ne beneficiano, anche se si registrano segnali di miglioramento: su undici prodotti presi a campione, ben nove registrano nel primo trimestre dell’anno una crescita, mentre tre sono ancora in calo.
Il forte potenziale di mercato di un’edilizia energeticamente efficiente è testimoniato anche da altre tendenze, che riguardano in questo caso l’accoglienza da parte del pubblico degli utilizzatori finali. Significativo in questo senso, in particolare, è il recente studio condotto nel 2013 da Nomisma e Pentapolis dal titolo “Abitare Verde: tendenze in atto e futuri drivers di mercato”, da cui sembra emergere come attenzione all’ambiente, al risparmio energetico e alla salute costituiranno sempre più i fattori trainanti del mercato immobiliare. Secondo tale ricerca, a orientare la scelta di un'abitazione sono già oggi fattori come la classe energetica dell'edificio (indicata dal 22,8% delle famiglie), la tipologia nuova o ristrutturata dell'immobile (19,5%), l'utilizzo di materiali non nocivi alla salute (15,1%) e la presenza di impianti di energia rinnovabile (14,7%). Specularmente, fra gli interventi sull’edilizia esistente guidano la classifica la sostituzione di infissi (10,5%) e caldaie (12%), l'isolamento termico dei muri esterni (cappotti e coibentazioni), la bonifica da materiali considerati nocivi per la salute (intonaci vecchi, materiali trattati) e l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.