Scuole: un’opportunità per la ripresa?
Condivide in larga misura le problematiche dell’edilizia abitativa per età, stato di conservazione e necessità manutentive. Rese ancor più critiche dalla destinazione d’uso, che impone requisiti ancor più stringenti. Viaggio nell’edilizia scolastica del Bel Paese, oggi sotto i riflettori grazie a una serie di iniziative che, per la prima volta dal dopoguerra, provano a mettere mano a questa scottante materia.
E’ stato preceduto da una serie di dichiarazioni d’intenti e annunci che, anche alla luce delle numerose esperienze del passato di segno negativo e di una frammentarietà degli interventi che ne ha sempre frenato l’efficacia, aveva destato più di una perplessità. Oggi, tuttavia, sembra proprio sia giunta la volta buona. Sarebbero infatti già pronti ben 3,5 miliardi di euro da reinvestire nella messa in sicurezza e nell’efficientamento delle strutture scolastiche del nostro paese già sbloccati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di cui circa due miliardi e mezzo provenienti da fondi già stanziati da provvedimenti di legge dei precedenti governi, e un altro miliardo da risorse che l’attuale governo è riuscito ad attingere dai fondi di coesione destinati alla sicurezza delle scuole, prevedendo inoltre deroghe ai Patti di Stabilità di Province e Comuni, bloccati per limiti di spesa, nonché percorsi e metodi per semplificare le procedure di gara e agevolare l’avvio dei lavori di messa in sicurezza.
L’ambizione e le dimensioni di questo piano, che per la prima volta mette mano all’edilizia scolastica nazionale in un’ottica di organicità, sono testimoniate dagli importanti numeri del programma di interventi previsti: sono infatti circa diecimila i progetti in gioco, di cui circa 2000 interventi già presenti in graduatoria sulla base del D.L “Fare”, mentre altri 8000 sono stati individuati sulla base delle risposte fornite dai sindaci all’appello dell’attuale Primo Ministro di indicare un edificio scolastico del proprio Comune sul quale intervenire urgentemente. Numeri importanti, quindi, che secondo stime accreditate andrebbero ad interessare circa il 20% del patrimonio scolastico nazionale.
Tutto bene dunque? Si e no. Se da un lato un’azione così massiccia, una volta portata sul piano degli atti concreti, rappresenta senza dubbio una piccola rivoluzione, dall’altro non va dimenticato lo stato di abbandono in cui per anni hanno versato le strutture pubbliche destinate all’insegnamento, e le importanti problematiche strutturali, di sicurezza ed efficienza energetica – solo per citare alcuni degli aspetti più eclatanti – da cui un numero rilevante di edifici è affetto. Secondo le stesse stime ministeriali, il patrimonio immobiliare scolastico, ad esempio, deve essere ritenuto pressoché nella quasi totalità, a rischio sicurezza; un dato preoccupante, corroborato in maniera unanime dalle ricerche indipendenti sviluppate nel campo dell’edilizia scolastica – di cui, ricordiamo, ad oggi manca ancora un censimento ufficiale completo – secondo le quali più del 30% degli edifici necessita di interventi urgenti, il 40% è privo del certificato di agibilità, il 60% non possiede il certificato di prevenzione anti-incendio e solo una scuola su cinque ha approntato il test di vulnerabilità al rischio sismico. Una situazione fortemente problematica, quindi, determinata anche dal fatto che gli interventi promossi in passato sono risultati sempre insufficienti e poco incisivi in quanto da un lato mancanti di organicità, dall’altro affidati agli enti locali che hanno dovuto provvedere alla riqualificazione del patrimonio scolastico per mezzo di risorse statali decisamente limitate.
Il piano scuole attualmente in fase di avvio, supportato anche da una serie di strumenti normativi ad hoc fra cui l’istituzione di speciali Unità di missione in collaborazione con il MIUR - Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca incaricate di gestire in maniera rapida e snella la procedura di spesa per gli interventi, rappresenta quindi – soprattutto alla luce dell’attuale stato di fatto – il segnale di una prima potenziale inversione di tendenza, di cui i primi effetti dovrebbero essere già visibili a breve termine. I primi interventi dovrebbero infatti prendere avvio dal prossimo 1° giugno per estendersi lungo l’intero arco dei mesi estivi in concomitanza con la chiusura delle strutture scolastiche, prevedendo dalle più semplici operazioni di manutenzione agli interventi di riqualificazione energetica, fino ad arrivare alla totale demolizione e ricostruzione ove necessario.
La valutazione di tali iniziative non può tuttavia prescindere da una lettura complessiva più analitica dello stato di fatto, della natura e tipologia degli interventi richiesti e, soprattutto nell’ottica del nostro punto di osservazione, di quali dinamiche e ricadute esse potrebbero innestare nell’attuale mercato dell’edilizia. A questi e altri aspetti è dedicata la nostra inchiesta.
LO STATO DELL’ARTE
Età media elevata, insufficiente manutenzione, urgente necessità di adeguamenti alle normative in materia di antisismica, sicurezza al fuoco. Questo, in sintesi, lo stato di salute del patrimonio edilizio scolastico.
Alle notizie senza dubbio positive costituite dagli investimenti sull’edilizia scolastica che oggi, grazie all’azione dell’attuale Governo, sembrano avere finalmente assunto una certa organicità e sistematicità, oltre a una solidità finanziaria senza dubbio maggiore rispetto al passato, fanno da contraltare da un lato uno stato di salute del patrimonio immobiliare destinato all’istruzione che permane sostanzialmente critico, dall’altro una permanente insufficienza delle azioni di monitoraggio e, conseguentemente, della programmazione a lungo termine degli interventi.
E’ questa la prima considerazione ad emergere dalla nostra indagine dedicata al cosiddetto “piano scuole” che, riprendendo e rafforzando le iniziative intraprese dai precedenti governi sul fronte dell’edilizia scolastica, ha messo mano con decisione a questa delicata materia. Un’indagine che se sconta inevitabilmente la perdurante mancanza di un’Anagrafe dell’edilizia scolastica, ancora mancante a dispetto dell’entrata in vigore già dal 1996 della legge 23 che ne decretava l’istituzione, d’altro canto può contare su un’intensa attività di monitoraggio condotta da enti indipendenti in grado di offrire comunque una fotografia fedele dell’attuale stato di salute del patrimonio scolastico nazionale. Un patrimonio, lo sottolineiamo subito, che sconta innanzitutto la sua vetustà, in quanto composto da circa 42.000 scuole di cui oltre il 60% costruite prima del 1974, e che di conseguenza è inevitabilmente affetto, oltre che dalle fisiologiche patologie ingenerate dal decorso del tempo – e, va detto, dalla carenza di interventi manutentivi se non di natura estemporanea o peggio emergenziale –, dalla mancanza di adeguamenti su fronti nevralgici come la sicurezza antisismica, la normativa antincendio e l’efficienza energetica. Ed è proprio questa la situazione fotografata dall’osservatorio Ecosistema Scuola di Legambiente, attualmente lo strumento di monitoraggio di riferimento sul patrimonio scolastico nazionale, che abbiamo adottato come base per la nostra analisi.
Sicurezza, manutenzione, efficienza energetica
I dati raccolti da Ecosistema scuola 2013, il rapporto annuale di Legambiente sulla qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia, fotografano un panorama per molti versi a macchia di leopardo, sia dal punto di vista delle problematiche che della disparità di situazioni dal punto di vista territoriale, ma da cui emerge in maniera univoca l’urgenza degli interventi richiesti da questo settore. Fra i primi numeri a spiccare, oltre al già accennato 60% di edifici scolastici costruiti prima del 1974, data di entrata in vigore della normativa antisismica, il 37,6% delle scuole necessitanti di interventi di manutenzione urgente, il 40% prive del certificato di agibilità, il 38,4% situato in aree a rischio sismico e il 60% mancante di certificato di prevenzione incendi. Poche le esperienze modello e gli esempi di edilizia sicura e sostenibile, a fronte invece di troppe inadeguatezze che accomunano il Nord e il Sud del Paese. Anche quest’anno i dati confermano lo stallo in cui si trova la qualità del patrimonio dell’edilizia scolastica italiana, che fatica a migliorare nonostante gli investimenti siano ripartiti e sembrano essere per la prima volta più consistenti. Gli unici importanti passi avanti riguardano la crescente capacità delle amministrazioni di rinnovarsi nell’ottica della sostenibilità e dell’efficienza energetica, con un positivo 13,5% di scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabili. Ma veniamo ai dati.
I numeri
L’indagine di Legambiente ha preso in esame 5.301 edifici scolastici di competenza dei Comuni capoluogo di provincia, con l’obiettivo di restituire una fotografia di quanto gli enti locali competenti investano su politiche che intrecciano sostenibilità, sicurezza degli edifici e applicazione di buone pratiche manutentive. Del campione di edifici scolastici analizzato, circa il 5,6% è stato costruito prima del 1900, il 15% fra il 1900 e il 1940, e ben il 40,7% tra il 1941 e il 1974; un dato, quest’ultimo, spinto senza dubbio dal boom demografico del dopoguerra, e che rappresenta con ogni probabilità uno dei nodi più critici sia dal punto di vista manutentivo che dell’adeguamento degli edifici, stante anche la qualità costruttiva spesso carente che caratterizza molta edilizia del periodo. Importante anche il 29,2% degli edifici costruiti fra il 1975 e il 1990, anno a partire dal quale l’edilizia di nuova realizzazione conosce un drastico calo, con solo il 9.5% di edifici costruiti nel ventennio 2001 – 2012. Altrettanto significativo è il già ricordato 62% di edifici realizzati prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica del 1974, da cui come vedremo derivano importanti conseguenze sotto il profilo della necessità di adeguamento degli stessi.
L’elevata età media del patrimonio immobiliare scolastico ha importanti conseguenze anche su un altro fronte, quello delle certificazioni: circa il 61% risulta possedere il certificato di agibilità, attestante la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti in essi installati, mentre solo il 35,9% è in possesso del certificato di prevenzione incendi. Più positiva la situazione per quanto riguarda gli impianti elettrici, che nell'83% risultano a norma. Negativa, come intuibile alla luce dei dati sopra riportati, la situazione sul fronte della sicurezza antisismica. Solo nell’8,8% dei casi sono state dedicate risorse all’adeguamento antisismico, dato cui si affianca il fatto che la verifica di vulnerabilità sismica è stata realizzata solo sul 27,3% degli edifici. Il dato risulta ancora più preoccupante se si prendono in considerazione i soli Comuni che dichiarano di trovarsi in area a rischio sismico (zona 1 e 2): sono infatti solo il 21,1%, contro il 32,4% dello scorso anno, gli edifici in cui tale verifica è stata compiuta.
Sostanzialmente invariato il dato sull'accessibilità, con l'82,3% degli immobili conforme ai requisiti di legge, mentre crescono di due punti percentuali gli interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche. In lieve crescita, come prevedibile, gli edifici che necessitano di interventi di manutenzione urgenti, che con il 37,6% rappresentano ancora più di un terzo del totale; pressoché costanti gli edifici che hanno beneficiato di interventi di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni, con il 56,2%. Scendono invece gli investimenti per la manutenzione straordinaria degli edifici scolastici, con un investimento medio per edificio scolastico di € 30.345 contro i € 43.382 del 2011. Interessante anche l’analisi degli investimenti regione per regione, che presentano scostamenti anche significativi sia in positivo (Emilia Romagna, Puglia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Umbria) sia in negativo (Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia, Veneto) rispetto all'anno precedente.
Poco comprensibile inoltre il calo d’investimenti in regioni come Abruzzo, Sicilia e Lombardia, dove vi è un'esigenza di manutenzione straordinaria rispettivamente nel 94,5%, 57,5% e 49,1% degli edifici, contro una media nazionale del 35,9%; oppure la crescita poco significativa d’investimento in Campania, dove un edificio su due risulta necessitare di interventi urgenti. Se prendiamo in considerazione le 4 aree del nostro paese (nord, centro, sud, isole) possiamo osservare come nel nord la media degli investimenti per la manutenzione straordinaria risulti quasi tre volte quella del sud, nonostante vi sia una maggiore necessità di interventi nelle regioni del sud.
Interessante il dato sulla manutenzione ordinaria che nel 2012 presenta una media di investimenti tendenzialmente in aumento in quasi tutte le regioni, con una crescita più significativa in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte. Negativo il dato della Sardegna che investe quasi il 90% in meno rispetto all’anno precedente.
Nelle 4 macro aree del nostro paese osserviamo come il nord sostenga una media di investimenti
per la manutenzione ordinaria sopra quella nazionale, mentre il centro, il sud e le isole si discostano in negativo dalla media. In particolare nelle isole la media d’investimento è meno della metà della media nazionale.
Le top ten dei Comuni che investono mediamente di più per ciascun edificio scolastico in manutenzione sia straordinaria che ordinaria vede la quasi esclusiva presenza dei Comuni del nord e del centro, con l'eccezione di Lecce presente in entrambe le classifiche. E’ Bolzano la città dove si investe di più in manutenzione straordinaria con una media ad edificio quasi tre volte superiore rispetto a quella di Pisa, seconda in graduatoria. Le città presenti in entrambe le graduatorie sono Bolzano, Firenze, Milano, Trieste e Lecce.
Se prendiamo in considerazione i soli edifici che utilizzano fonti rinnovabili possiamo individuare il fotovoltaico, con l’80,8%%, come fonte maggiormente utilizzata, seguita dal solare termico, con il 24,9%. Si accodano ma con valori assolutamente poco significativi la geotermia, con l’1,6% e le biomasse, con lo 0,4%. In nessun edificio risultano presenti, invece, impianti a biogas.
Sono il 9,6% gli edifici che utilizzano il mix di fonti rinnovabili; fotovoltaico e termico sono quelle maggiormente utilizzate insieme. L’Aquila è la città dove in tutti gli edifici in cui sono installati impianti di energia rinnovabile viene utilizzato il mix di fonti, nello specifico solare termico e fotovoltaico. La percentuale media di copertura dei consumi da fonti rinnovabili, negli edifici ove presenti, è del 35,6%, con situazioni ideali a Prato, dove la copertura è del 100%. Puglia (59,1%), Veneto (32,7%), Abruzzo (28,9%), Sardegna (23,8%), Emilia Romagna (23,6%) le regioni con i dati più significativi sull'utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici scolastici. Fanalino di coda Basilicata e Molise i cui Comuni capoluogo che rispondono al questionario (Matera, Potenza, Campobasso) dichiarano di non avere edifici scolastici che utilizzano fonti di energia rinnovabile. Tra gli edifici che utilizzano rinnovabili, in Sicilia vi è la maggiore percentuale di impianti solari termici con il 59,3%, seguita dall’Abruzzo con il 54%. Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Sardegna le regioni che hanno installato esclusivamente impianti solari fotovoltaici negli edifici scolastici rilevati. Impianti che sono presenti in modo significativo anche in Abruzzo (90%), Campania (94,1%), Liguria (100%), Lombardia (89,7%), Piemonte (90,6%), Puglia (94,5%), Veneto (84,3%). Le uniche regioni con impianti a geotermia e/o pompe di calore sono la Lombardia (5,1%), la Sicilia (1,7%) la Toscana (2,1%) e il veneto (2,5%) mentre quelle con impianti a biomassa sono Emilia Romagna (1,2%) e Piemonte (6,3%).
Rispetto alla presenza di potenziali rischi ambientali interni agli edifici scolastici, si evidenzia una diminuzione dei Comuni che hanno realizzato il monitoraggio sulla presenza di amianto negli edifici scolastici, -6,2% rispetto all’anno precedente, un dato da non sottovalutare e da continuare a monitorare nei prossimi anni. Nonostante i ridotti monitoraggi sono aumentati sia i casi certificati di amianto (+0,4%) che quelli sospetti (+1,3%). Costanti le azioni di bonifica con il 3,1%.
La manutenzione, nodo critico
La panoramica sopra analizzata si traduce in importanti conseguenze sullo stato di conservazione e salute degli edifici scolastici, oggetto di un secondo osservatorio che annualmente analizza la situazione di un campione di strutture destinate all’insegnamento, il Rapporto su sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici di Cittadinanzattiva, giunto quest’anno all’undicesima edizione. I numeri, anche in questo caso, confermano una situazione per molti aspetti critica: una scuola su sette manifesta lesioni strutturali evidenti, presenti in gran parte sulla facciata esterna dell’edificio, il 20% delle aule presenta distacchi di intonaco, muffe, infiltrazioni e umidità sono stati rilevati in quasi un terzo dei bagni (31%) e in una aula e palestra su quattro. Complessivamente, il 39% delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato (lo scorso anno era il 21%), come rivelano gli stessi responsabili del servizio di protezione e prevenzione intervistati per l’indagine. Nell’84% dei casi sono stati richiesti interventi mantenutivi all’ente interessato, ma quest’ultimo, nel 21% delle situazioni, è intervenuto con estremo ritardo. Gli interventi di tipo strutturale, che richiedono più risorse e tempo, sono stati richiesti nel 34% delle scuole, ma solo in un caso su quattro l’ente proprietario è intervenuto tempestivamente e nel 14% dei casi l’intervento non è mai avvenuto. Il 44% delle scuole analizzate è risultato in possesso del certificato di agibilità statica, il 38% di quello di agibilità igienico sanitaria e il 37% di quello di prevenzione incendi. Lo scorso anno, solo un quarto delle scuole era in regola con tutte le certificazioni. Il cattivo stato di manutenzione fa sì che in un’aula su quattro (25%) siano presenti segni di fatiscenza, come umidità, muffe, infiltrazioni di acqua oltre che distacchi di intonaco visibili in un’aula su 5 (20%). Barriere architettoniche (13%) e pavimenti sconnessi (12%), ostacolano la vita agli studenti con disabilità presenti in numero sempre crescente nelle nostre scuole. Anche temperature ed aerazione non sono adeguate nella gran parte delle aule, visto che il 51% di esse è senza tapparelle o persiane e il 28% ha le finestre rotte.
Dai dati che abbiamo sinteticamente presentato emerge con evidenza la necessità di massicci interventi di manutenzione e adeguamento del patrimonio immobiliare scolastico, che impattano pressoché tutte le principali aree merceologiche afferenti al mercato delle costruzioni, dall’isolamento all’impermeabilizzazione, dalle soluzioni per il ripristino e la ristrutturazione alle coperture, dalla serramentistica all’ampio segmento delle energie rinnovabili. Alcune domande, tuttavia, si impongono. Oltre alla strutturale carenza di fondi, che in particolare in questo specifico passaggio economico rappresenta un vincolo rilevante, gli strumenti previsti dall’attuale piano scuole risultano adeguati all’entità dei problemi? Presentano le necessarie caratteristiche di organicità e pianificazione richieste dalla attuale situazione? E soprattutto, la tradizionale complessità normativa e burocratica che da sempre vizia molte delle iniziative rivolte al settore delle costruzioni rischia anche in questo caso di rappresentare un freno?A questi quesiti proveremo a rispondere nel prosieguo della nostra indagine.
IN CANTIERE: A CHE PUNTO SIAMO
Le recenti iniziative governative aprono per la prima volta dopo decenni uno spiraglio sull’aggiornamento delle strutture scolastiche nazionali. Con quali ricadute concrete sull’industria delle costruzioni?
Complici i fortissimi ritardi accumulati nel corso dei decenni, il potenziale di mercato inespresso contenuto negli interventi di manutenzione e aggiornamento del patrimonio edilizio scolastico è di dimensioni decisamente rilevanti. Al contempo questo stesso enorme fabbisogno – unitamente a fattori come il frazionamento di piani e programmi, la dispersione di risorse economiche e i lunghi tempi di attuazione rischia di costituire un ostacolo per delle reali e concrete ricadute economiche sul settore edile, il sistema delle imprese e più in generale l’economia nazionale.
A segnalare il problema è proprio l’associazione nazionale delle imprese edili che, nell'ultimo rapporto congiunto Ance - Cresme sulla situazione degli edifici strategici nazionali in relazione allo stato del territorio italiano, oltre a segnalare alcuni dati significativi dello stato di abbandono in cui versa tale patrimonio immobiliare evidenzia al tempo stesso una serie di elementi di criticità. L’associazione in particolare rileva come siano circa 15.000 gli edifici diventati inadatti a ospitare una scuola, o perché strutturalmente incompatibili con le norme tecniche e di sicurezza o perché caratterizzati da un rischio eccessivo per gli alunni e docenti in caso di sisma o dissesto idrogeologico, oltre 24.000 le scuole situate in aree a elevato rischio sismico e circa 6.250 in aree a forte rischio idrogeologico.
Le risorse economiche per far fronte a tali cifre sarebbero già di per sé rilevanti, ma secondo Ance a questa difficoltà oggettiva si affiancano altre problematiche: prima fra tutte, la difficoltà a tradurre gli stanziamenti in cantieri operativi. L'esempio più lampante è quello dei cosiddetti piani stralcio, finanziati a partire dal 2010 (Delibera Cipe n.32/2010): in base alla ricognizione Ance il primo programma di 1.670 progetti di messa in sicurezza delle scuole, finanziato con 357,6 milioni di euro ha visto l'avvio di 780 progetti, per 161,3 milioni. I fondi relativi agli atri 893 progetti, per un valore di 196,3 milioni di euro, sono rimasti bloccati per mesi in attesa della messa a disposizione delle risorse da parte del Mef. Simile la situazione del secondo programma stralcio (avviato con la delibera Cipe n.6/2012): i 1.809 progetti di messa in sicurezza delle scuole finanziati con 259 milioni di euro sono ancora tutti da realizzare. Scendendo nel dettaglio dei singoli programmi di edilizia scolastica, il tasso di frammentazione si accentua ulteriormente, così come quello dell'inefficienza nella spesa, ancor più grave se si considera che molte risorse sono state stanziate con decretazione d'urgenza per interventi di rapida cantierizzazione. Inefficienza che peraltro affligge anche i programmi comunitari, e più in particolare il ciclo 2007-2013, dove restano da attivare 167,2 milioni di risorse Por destinate alla scuola (su 223 complessivamente stanziate) e 192 milioni di fondi Pac (su 383 milioni circa). Le iniziative del governo Letta prima, e dell’attuale governo Renzi sembrano aver gettato un sasso nello stagno della spesa pubblica per l’edilizia scolastica; saranno in grado di tradursi in concrete ricadute per il settore?
Gli interventi: lo stato dell’arte
La prima tappa delle iniziative in favore dell’edilizia scolastica è stata, come noto lo stanziamento di 150 milioni di euro previsti dal cosiddetto “Decreto del Fare”, che sulla carta consentirà di realizzare 692 interventi selezionati da una graduatoria di interventi immediatamente cantierabili, in ordine di priorità, presentati dalle Regioni, le quali a loro volta hanno ricevuto dagli enti locali 3.302 richieste di intervento, di cui 2.515 ammissibili al finanziamento. La scadenza per l’affidamento degli interventi del Piano per l’edilizia, prevista lo scorso 28 febbraio, è stata ulteriormente prorogata al 30 aprile, in quanto a quella data risultavano assegnati solo 207 interventi su 692 ammessi al finanziamento, per un totale di 35,7 milioni di euro, meno del 30% degli interventi possibili e meno di un quarto delle risorse a disposizione. Ad un mese dalla proroga, secondo i dati raccolti dal Miur, è più che raddoppiato il numero di interventi assegnati: sono 462 su 692, il 66,8%, per un totale di quasi 91 milioni impegnati, pari al 60,5% delle risorse disponibili. Qualcosa, insomma, sembra si stia concretamente muovendo.
Proprio in questo momento, inoltre, il ministero dell'Istruzione sta approntando una panoramica degli interventi necessari alla messa in sicurezza delle scuole nazionali. Il piano dovrebbe partire in estate, a scuole chiuse, per poi proseguire nelle vacanze natalizie e l'anno successivo. Al momento i fondi stanziati ammontano a circa 3 miliardi e 700 milioni, e le scuole sulle quali si dovrebbe intervenire sono in tutto oltre 10 mila. Da un primo esame risulta una necessità diffusa di piccola manutenzione, ma anche di interventi di media consistenza per una spesa media oscillante fra i 200 e i 400 mila euro. In questa ottica, il Ministero sta lavorando ad una ricognizione completa delle risorse che dovrebbe portare all'istituzione del fondo unico per l'edilizia scolastica e conseguentemente ad eliminare il tradizionale problema della parcellizzazione dei finanziamenti, che afferiranno tutti al Miur. E’ inoltre previsto il coinvolgimento nelle attività di pianificazione di soggetti esterni quali l'Anci, l'Upi e le Regioni per procedere alle assegnazioni future di risorse.
L’ambizione e le dimensioni di questo piano, che per la prima volta mette mano all’edilizia scolastica nazionale in un’ottica di organicità, sono testimoniate dagli importanti numeri del programma di interventi previsti: sono infatti circa diecimila i progetti in gioco, di cui circa 2000 interventi già presenti in graduatoria sulla base del D.L “Fare”, mentre altri 8000 sono stati individuati sulla base delle risposte fornite dai sindaci all’appello dell’attuale Primo Ministro di indicare un edificio scolastico del proprio Comune sul quale intervenire urgentemente. Numeri importanti, quindi, che secondo stime accreditate andrebbero ad interessare circa il 20% del patrimonio scolastico nazionale.
Tutto bene dunque? Si e no. Se da un lato un’azione così massiccia, una volta portata sul piano degli atti concreti, rappresenta senza dubbio una piccola rivoluzione, dall’altro non va dimenticato lo stato di abbandono in cui per anni hanno versato le strutture pubbliche destinate all’insegnamento, e le importanti problematiche strutturali, di sicurezza ed efficienza energetica – solo per citare alcuni degli aspetti più eclatanti – da cui un numero rilevante di edifici è affetto. Secondo le stesse stime ministeriali, il patrimonio immobiliare scolastico, ad esempio, deve essere ritenuto pressoché nella quasi totalità, a rischio sicurezza; un dato preoccupante, corroborato in maniera unanime dalle ricerche indipendenti sviluppate nel campo dell’edilizia scolastica – di cui, ricordiamo, ad oggi manca ancora un censimento ufficiale completo – secondo le quali più del 30% degli edifici necessita di interventi urgenti, il 40% è privo del certificato di agibilità, il 60% non possiede il certificato di prevenzione anti-incendio e solo una scuola su cinque ha approntato il test di vulnerabilità al rischio sismico. Una situazione fortemente problematica, quindi, determinata anche dal fatto che gli interventi promossi in passato sono risultati sempre insufficienti e poco incisivi in quanto da un lato mancanti di organicità, dall’altro affidati agli enti locali che hanno dovuto provvedere alla riqualificazione del patrimonio scolastico per mezzo di risorse statali decisamente limitate.
Il piano scuole attualmente in fase di avvio, supportato anche da una serie di strumenti normativi ad hoc fra cui l’istituzione di speciali Unità di missione in collaborazione con il MIUR - Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca incaricate di gestire in maniera rapida e snella la procedura di spesa per gli interventi, rappresenta quindi – soprattutto alla luce dell’attuale stato di fatto – il segnale di una prima potenziale inversione di tendenza, di cui i primi effetti dovrebbero essere già visibili a breve termine. I primi interventi dovrebbero infatti prendere avvio dal prossimo 1° giugno per estendersi lungo l’intero arco dei mesi estivi in concomitanza con la chiusura delle strutture scolastiche, prevedendo dalle più semplici operazioni di manutenzione agli interventi di riqualificazione energetica, fino ad arrivare alla totale demolizione e ricostruzione ove necessario.
La valutazione di tali iniziative non può tuttavia prescindere da una lettura complessiva più analitica dello stato di fatto, della natura e tipologia degli interventi richiesti e, soprattutto nell’ottica del nostro punto di osservazione, di quali dinamiche e ricadute esse potrebbero innestare nell’attuale mercato dell’edilizia. A questi e altri aspetti è dedicata la nostra inchiesta.
LO STATO DELL’ARTE
Età media elevata, insufficiente manutenzione, urgente necessità di adeguamenti alle normative in materia di antisismica, sicurezza al fuoco. Questo, in sintesi, lo stato di salute del patrimonio edilizio scolastico.
Alle notizie senza dubbio positive costituite dagli investimenti sull’edilizia scolastica che oggi, grazie all’azione dell’attuale Governo, sembrano avere finalmente assunto una certa organicità e sistematicità, oltre a una solidità finanziaria senza dubbio maggiore rispetto al passato, fanno da contraltare da un lato uno stato di salute del patrimonio immobiliare destinato all’istruzione che permane sostanzialmente critico, dall’altro una permanente insufficienza delle azioni di monitoraggio e, conseguentemente, della programmazione a lungo termine degli interventi.
E’ questa la prima considerazione ad emergere dalla nostra indagine dedicata al cosiddetto “piano scuole” che, riprendendo e rafforzando le iniziative intraprese dai precedenti governi sul fronte dell’edilizia scolastica, ha messo mano con decisione a questa delicata materia. Un’indagine che se sconta inevitabilmente la perdurante mancanza di un’Anagrafe dell’edilizia scolastica, ancora mancante a dispetto dell’entrata in vigore già dal 1996 della legge 23 che ne decretava l’istituzione, d’altro canto può contare su un’intensa attività di monitoraggio condotta da enti indipendenti in grado di offrire comunque una fotografia fedele dell’attuale stato di salute del patrimonio scolastico nazionale. Un patrimonio, lo sottolineiamo subito, che sconta innanzitutto la sua vetustà, in quanto composto da circa 42.000 scuole di cui oltre il 60% costruite prima del 1974, e che di conseguenza è inevitabilmente affetto, oltre che dalle fisiologiche patologie ingenerate dal decorso del tempo – e, va detto, dalla carenza di interventi manutentivi se non di natura estemporanea o peggio emergenziale –, dalla mancanza di adeguamenti su fronti nevralgici come la sicurezza antisismica, la normativa antincendio e l’efficienza energetica. Ed è proprio questa la situazione fotografata dall’osservatorio Ecosistema Scuola di Legambiente, attualmente lo strumento di monitoraggio di riferimento sul patrimonio scolastico nazionale, che abbiamo adottato come base per la nostra analisi.
Sicurezza, manutenzione, efficienza energetica
I dati raccolti da Ecosistema scuola 2013, il rapporto annuale di Legambiente sulla qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia, fotografano un panorama per molti versi a macchia di leopardo, sia dal punto di vista delle problematiche che della disparità di situazioni dal punto di vista territoriale, ma da cui emerge in maniera univoca l’urgenza degli interventi richiesti da questo settore. Fra i primi numeri a spiccare, oltre al già accennato 60% di edifici scolastici costruiti prima del 1974, data di entrata in vigore della normativa antisismica, il 37,6% delle scuole necessitanti di interventi di manutenzione urgente, il 40% prive del certificato di agibilità, il 38,4% situato in aree a rischio sismico e il 60% mancante di certificato di prevenzione incendi. Poche le esperienze modello e gli esempi di edilizia sicura e sostenibile, a fronte invece di troppe inadeguatezze che accomunano il Nord e il Sud del Paese. Anche quest’anno i dati confermano lo stallo in cui si trova la qualità del patrimonio dell’edilizia scolastica italiana, che fatica a migliorare nonostante gli investimenti siano ripartiti e sembrano essere per la prima volta più consistenti. Gli unici importanti passi avanti riguardano la crescente capacità delle amministrazioni di rinnovarsi nell’ottica della sostenibilità e dell’efficienza energetica, con un positivo 13,5% di scuole che utilizzano fonti di energia rinnovabili. Ma veniamo ai dati.
I numeri
L’indagine di Legambiente ha preso in esame 5.301 edifici scolastici di competenza dei Comuni capoluogo di provincia, con l’obiettivo di restituire una fotografia di quanto gli enti locali competenti investano su politiche che intrecciano sostenibilità, sicurezza degli edifici e applicazione di buone pratiche manutentive. Del campione di edifici scolastici analizzato, circa il 5,6% è stato costruito prima del 1900, il 15% fra il 1900 e il 1940, e ben il 40,7% tra il 1941 e il 1974; un dato, quest’ultimo, spinto senza dubbio dal boom demografico del dopoguerra, e che rappresenta con ogni probabilità uno dei nodi più critici sia dal punto di vista manutentivo che dell’adeguamento degli edifici, stante anche la qualità costruttiva spesso carente che caratterizza molta edilizia del periodo. Importante anche il 29,2% degli edifici costruiti fra il 1975 e il 1990, anno a partire dal quale l’edilizia di nuova realizzazione conosce un drastico calo, con solo il 9.5% di edifici costruiti nel ventennio 2001 – 2012. Altrettanto significativo è il già ricordato 62% di edifici realizzati prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica del 1974, da cui come vedremo derivano importanti conseguenze sotto il profilo della necessità di adeguamento degli stessi.
L’elevata età media del patrimonio immobiliare scolastico ha importanti conseguenze anche su un altro fronte, quello delle certificazioni: circa il 61% risulta possedere il certificato di agibilità, attestante la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti in essi installati, mentre solo il 35,9% è in possesso del certificato di prevenzione incendi. Più positiva la situazione per quanto riguarda gli impianti elettrici, che nell'83% risultano a norma. Negativa, come intuibile alla luce dei dati sopra riportati, la situazione sul fronte della sicurezza antisismica. Solo nell’8,8% dei casi sono state dedicate risorse all’adeguamento antisismico, dato cui si affianca il fatto che la verifica di vulnerabilità sismica è stata realizzata solo sul 27,3% degli edifici. Il dato risulta ancora più preoccupante se si prendono in considerazione i soli Comuni che dichiarano di trovarsi in area a rischio sismico (zona 1 e 2): sono infatti solo il 21,1%, contro il 32,4% dello scorso anno, gli edifici in cui tale verifica è stata compiuta.
Sostanzialmente invariato il dato sull'accessibilità, con l'82,3% degli immobili conforme ai requisiti di legge, mentre crescono di due punti percentuali gli interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche. In lieve crescita, come prevedibile, gli edifici che necessitano di interventi di manutenzione urgenti, che con il 37,6% rappresentano ancora più di un terzo del totale; pressoché costanti gli edifici che hanno beneficiato di interventi di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni, con il 56,2%. Scendono invece gli investimenti per la manutenzione straordinaria degli edifici scolastici, con un investimento medio per edificio scolastico di € 30.345 contro i € 43.382 del 2011. Interessante anche l’analisi degli investimenti regione per regione, che presentano scostamenti anche significativi sia in positivo (Emilia Romagna, Puglia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Umbria) sia in negativo (Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia, Veneto) rispetto all'anno precedente.
Poco comprensibile inoltre il calo d’investimenti in regioni come Abruzzo, Sicilia e Lombardia, dove vi è un'esigenza di manutenzione straordinaria rispettivamente nel 94,5%, 57,5% e 49,1% degli edifici, contro una media nazionale del 35,9%; oppure la crescita poco significativa d’investimento in Campania, dove un edificio su due risulta necessitare di interventi urgenti. Se prendiamo in considerazione le 4 aree del nostro paese (nord, centro, sud, isole) possiamo osservare come nel nord la media degli investimenti per la manutenzione straordinaria risulti quasi tre volte quella del sud, nonostante vi sia una maggiore necessità di interventi nelle regioni del sud.
Interessante il dato sulla manutenzione ordinaria che nel 2012 presenta una media di investimenti tendenzialmente in aumento in quasi tutte le regioni, con una crescita più significativa in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche, Piemonte. Negativo il dato della Sardegna che investe quasi il 90% in meno rispetto all’anno precedente.
Nelle 4 macro aree del nostro paese osserviamo come il nord sostenga una media di investimenti
per la manutenzione ordinaria sopra quella nazionale, mentre il centro, il sud e le isole si discostano in negativo dalla media. In particolare nelle isole la media d’investimento è meno della metà della media nazionale.
Le top ten dei Comuni che investono mediamente di più per ciascun edificio scolastico in manutenzione sia straordinaria che ordinaria vede la quasi esclusiva presenza dei Comuni del nord e del centro, con l'eccezione di Lecce presente in entrambe le classifiche. E’ Bolzano la città dove si investe di più in manutenzione straordinaria con una media ad edificio quasi tre volte superiore rispetto a quella di Pisa, seconda in graduatoria. Le città presenti in entrambe le graduatorie sono Bolzano, Firenze, Milano, Trieste e Lecce.
Se prendiamo in considerazione i soli edifici che utilizzano fonti rinnovabili possiamo individuare il fotovoltaico, con l’80,8%%, come fonte maggiormente utilizzata, seguita dal solare termico, con il 24,9%. Si accodano ma con valori assolutamente poco significativi la geotermia, con l’1,6% e le biomasse, con lo 0,4%. In nessun edificio risultano presenti, invece, impianti a biogas.
Sono il 9,6% gli edifici che utilizzano il mix di fonti rinnovabili; fotovoltaico e termico sono quelle maggiormente utilizzate insieme. L’Aquila è la città dove in tutti gli edifici in cui sono installati impianti di energia rinnovabile viene utilizzato il mix di fonti, nello specifico solare termico e fotovoltaico. La percentuale media di copertura dei consumi da fonti rinnovabili, negli edifici ove presenti, è del 35,6%, con situazioni ideali a Prato, dove la copertura è del 100%. Puglia (59,1%), Veneto (32,7%), Abruzzo (28,9%), Sardegna (23,8%), Emilia Romagna (23,6%) le regioni con i dati più significativi sull'utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici scolastici. Fanalino di coda Basilicata e Molise i cui Comuni capoluogo che rispondono al questionario (Matera, Potenza, Campobasso) dichiarano di non avere edifici scolastici che utilizzano fonti di energia rinnovabile. Tra gli edifici che utilizzano rinnovabili, in Sicilia vi è la maggiore percentuale di impianti solari termici con il 59,3%, seguita dall’Abruzzo con il 54%. Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Sardegna le regioni che hanno installato esclusivamente impianti solari fotovoltaici negli edifici scolastici rilevati. Impianti che sono presenti in modo significativo anche in Abruzzo (90%), Campania (94,1%), Liguria (100%), Lombardia (89,7%), Piemonte (90,6%), Puglia (94,5%), Veneto (84,3%). Le uniche regioni con impianti a geotermia e/o pompe di calore sono la Lombardia (5,1%), la Sicilia (1,7%) la Toscana (2,1%) e il veneto (2,5%) mentre quelle con impianti a biomassa sono Emilia Romagna (1,2%) e Piemonte (6,3%).
Rispetto alla presenza di potenziali rischi ambientali interni agli edifici scolastici, si evidenzia una diminuzione dei Comuni che hanno realizzato il monitoraggio sulla presenza di amianto negli edifici scolastici, -6,2% rispetto all’anno precedente, un dato da non sottovalutare e da continuare a monitorare nei prossimi anni. Nonostante i ridotti monitoraggi sono aumentati sia i casi certificati di amianto (+0,4%) che quelli sospetti (+1,3%). Costanti le azioni di bonifica con il 3,1%.
La manutenzione, nodo critico
La panoramica sopra analizzata si traduce in importanti conseguenze sullo stato di conservazione e salute degli edifici scolastici, oggetto di un secondo osservatorio che annualmente analizza la situazione di un campione di strutture destinate all’insegnamento, il Rapporto su sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici di Cittadinanzattiva, giunto quest’anno all’undicesima edizione. I numeri, anche in questo caso, confermano una situazione per molti aspetti critica: una scuola su sette manifesta lesioni strutturali evidenti, presenti in gran parte sulla facciata esterna dell’edificio, il 20% delle aule presenta distacchi di intonaco, muffe, infiltrazioni e umidità sono stati rilevati in quasi un terzo dei bagni (31%) e in una aula e palestra su quattro. Complessivamente, il 39% delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato (lo scorso anno era il 21%), come rivelano gli stessi responsabili del servizio di protezione e prevenzione intervistati per l’indagine. Nell’84% dei casi sono stati richiesti interventi mantenutivi all’ente interessato, ma quest’ultimo, nel 21% delle situazioni, è intervenuto con estremo ritardo. Gli interventi di tipo strutturale, che richiedono più risorse e tempo, sono stati richiesti nel 34% delle scuole, ma solo in un caso su quattro l’ente proprietario è intervenuto tempestivamente e nel 14% dei casi l’intervento non è mai avvenuto. Il 44% delle scuole analizzate è risultato in possesso del certificato di agibilità statica, il 38% di quello di agibilità igienico sanitaria e il 37% di quello di prevenzione incendi. Lo scorso anno, solo un quarto delle scuole era in regola con tutte le certificazioni. Il cattivo stato di manutenzione fa sì che in un’aula su quattro (25%) siano presenti segni di fatiscenza, come umidità, muffe, infiltrazioni di acqua oltre che distacchi di intonaco visibili in un’aula su 5 (20%). Barriere architettoniche (13%) e pavimenti sconnessi (12%), ostacolano la vita agli studenti con disabilità presenti in numero sempre crescente nelle nostre scuole. Anche temperature ed aerazione non sono adeguate nella gran parte delle aule, visto che il 51% di esse è senza tapparelle o persiane e il 28% ha le finestre rotte.
Dai dati che abbiamo sinteticamente presentato emerge con evidenza la necessità di massicci interventi di manutenzione e adeguamento del patrimonio immobiliare scolastico, che impattano pressoché tutte le principali aree merceologiche afferenti al mercato delle costruzioni, dall’isolamento all’impermeabilizzazione, dalle soluzioni per il ripristino e la ristrutturazione alle coperture, dalla serramentistica all’ampio segmento delle energie rinnovabili. Alcune domande, tuttavia, si impongono. Oltre alla strutturale carenza di fondi, che in particolare in questo specifico passaggio economico rappresenta un vincolo rilevante, gli strumenti previsti dall’attuale piano scuole risultano adeguati all’entità dei problemi? Presentano le necessarie caratteristiche di organicità e pianificazione richieste dalla attuale situazione? E soprattutto, la tradizionale complessità normativa e burocratica che da sempre vizia molte delle iniziative rivolte al settore delle costruzioni rischia anche in questo caso di rappresentare un freno?A questi quesiti proveremo a rispondere nel prosieguo della nostra indagine.
IN CANTIERE: A CHE PUNTO SIAMO
Le recenti iniziative governative aprono per la prima volta dopo decenni uno spiraglio sull’aggiornamento delle strutture scolastiche nazionali. Con quali ricadute concrete sull’industria delle costruzioni?
Complici i fortissimi ritardi accumulati nel corso dei decenni, il potenziale di mercato inespresso contenuto negli interventi di manutenzione e aggiornamento del patrimonio edilizio scolastico è di dimensioni decisamente rilevanti. Al contempo questo stesso enorme fabbisogno – unitamente a fattori come il frazionamento di piani e programmi, la dispersione di risorse economiche e i lunghi tempi di attuazione rischia di costituire un ostacolo per delle reali e concrete ricadute economiche sul settore edile, il sistema delle imprese e più in generale l’economia nazionale.
A segnalare il problema è proprio l’associazione nazionale delle imprese edili che, nell'ultimo rapporto congiunto Ance - Cresme sulla situazione degli edifici strategici nazionali in relazione allo stato del territorio italiano, oltre a segnalare alcuni dati significativi dello stato di abbandono in cui versa tale patrimonio immobiliare evidenzia al tempo stesso una serie di elementi di criticità. L’associazione in particolare rileva come siano circa 15.000 gli edifici diventati inadatti a ospitare una scuola, o perché strutturalmente incompatibili con le norme tecniche e di sicurezza o perché caratterizzati da un rischio eccessivo per gli alunni e docenti in caso di sisma o dissesto idrogeologico, oltre 24.000 le scuole situate in aree a elevato rischio sismico e circa 6.250 in aree a forte rischio idrogeologico.
Le risorse economiche per far fronte a tali cifre sarebbero già di per sé rilevanti, ma secondo Ance a questa difficoltà oggettiva si affiancano altre problematiche: prima fra tutte, la difficoltà a tradurre gli stanziamenti in cantieri operativi. L'esempio più lampante è quello dei cosiddetti piani stralcio, finanziati a partire dal 2010 (Delibera Cipe n.32/2010): in base alla ricognizione Ance il primo programma di 1.670 progetti di messa in sicurezza delle scuole, finanziato con 357,6 milioni di euro ha visto l'avvio di 780 progetti, per 161,3 milioni. I fondi relativi agli atri 893 progetti, per un valore di 196,3 milioni di euro, sono rimasti bloccati per mesi in attesa della messa a disposizione delle risorse da parte del Mef. Simile la situazione del secondo programma stralcio (avviato con la delibera Cipe n.6/2012): i 1.809 progetti di messa in sicurezza delle scuole finanziati con 259 milioni di euro sono ancora tutti da realizzare. Scendendo nel dettaglio dei singoli programmi di edilizia scolastica, il tasso di frammentazione si accentua ulteriormente, così come quello dell'inefficienza nella spesa, ancor più grave se si considera che molte risorse sono state stanziate con decretazione d'urgenza per interventi di rapida cantierizzazione. Inefficienza che peraltro affligge anche i programmi comunitari, e più in particolare il ciclo 2007-2013, dove restano da attivare 167,2 milioni di risorse Por destinate alla scuola (su 223 complessivamente stanziate) e 192 milioni di fondi Pac (su 383 milioni circa). Le iniziative del governo Letta prima, e dell’attuale governo Renzi sembrano aver gettato un sasso nello stagno della spesa pubblica per l’edilizia scolastica; saranno in grado di tradursi in concrete ricadute per il settore?
Gli interventi: lo stato dell’arte
La prima tappa delle iniziative in favore dell’edilizia scolastica è stata, come noto lo stanziamento di 150 milioni di euro previsti dal cosiddetto “Decreto del Fare”, che sulla carta consentirà di realizzare 692 interventi selezionati da una graduatoria di interventi immediatamente cantierabili, in ordine di priorità, presentati dalle Regioni, le quali a loro volta hanno ricevuto dagli enti locali 3.302 richieste di intervento, di cui 2.515 ammissibili al finanziamento. La scadenza per l’affidamento degli interventi del Piano per l’edilizia, prevista lo scorso 28 febbraio, è stata ulteriormente prorogata al 30 aprile, in quanto a quella data risultavano assegnati solo 207 interventi su 692 ammessi al finanziamento, per un totale di 35,7 milioni di euro, meno del 30% degli interventi possibili e meno di un quarto delle risorse a disposizione. Ad un mese dalla proroga, secondo i dati raccolti dal Miur, è più che raddoppiato il numero di interventi assegnati: sono 462 su 692, il 66,8%, per un totale di quasi 91 milioni impegnati, pari al 60,5% delle risorse disponibili. Qualcosa, insomma, sembra si stia concretamente muovendo.
Proprio in questo momento, inoltre, il ministero dell'Istruzione sta approntando una panoramica degli interventi necessari alla messa in sicurezza delle scuole nazionali. Il piano dovrebbe partire in estate, a scuole chiuse, per poi proseguire nelle vacanze natalizie e l'anno successivo. Al momento i fondi stanziati ammontano a circa 3 miliardi e 700 milioni, e le scuole sulle quali si dovrebbe intervenire sono in tutto oltre 10 mila. Da un primo esame risulta una necessità diffusa di piccola manutenzione, ma anche di interventi di media consistenza per una spesa media oscillante fra i 200 e i 400 mila euro. In questa ottica, il Ministero sta lavorando ad una ricognizione completa delle risorse che dovrebbe portare all'istituzione del fondo unico per l'edilizia scolastica e conseguentemente ad eliminare il tradizionale problema della parcellizzazione dei finanziamenti, che afferiranno tutti al Miur. E’ inoltre previsto il coinvolgimento nelle attività di pianificazione di soggetti esterni quali l'Anci, l'Upi e le Regioni per procedere alle assegnazioni future di risorse.