Cos’è la burocrazia difensiva?
Che l’Italia sia il Paese della burocrazia è risaputo, tuttavia leggere i numeri fa sempre un certo effetto. L’ANCE (associazione nazionale dei costruttori edili) rivela che per ottenere un permesso di costruzione si può arrivare a dover allegare più di 30 documenti. Questo significa che per una piccola impresa ci vogliono almeno 19 ore al mese per far fronte agli adempimenti burocratici preliminari, con un costo di oltre 7.500 euro all’anno. Ci vogliono tre anni per opere sotto i 100 mila euro e, in media, 15 anni per gli interventi sopra i 100 milioni.
Questa marea di norme rappresenta un groviglio capace di rallentare qualsiasi impresa e molto spesso un muro insormontabile. Il messaggio che passa ai cittadini è quello che è meglio star fermi, non fare nulla per non correre rischi. Inoltre ogni tentativo di semplificazione sembra impossibile. È la burocrazia stessa che rallenta l’iter verso il cambiamento. È questo il concetto della cosiddetta “burocrazia difensiva”. Un sistema in continua crescita: uno studio di Confartigianato dimostra che per ogni legge cancellata se ne fanno 1,2 nuove.Sergio Rizzo su La Repubblica di qualche giorno fa racconta due episodi emblematici. A Marzo 2017 il Ministero dei Beni culturali ha emanato un decreto nel quale stilava un elenco di piccoli lavori che potevano essere fatti senza chiedere l’autorizzazione alle sopraintendenze paesaggistiche. Per esempio i pannelli solari “invisibili”, la sostituzioni di piante in giardino, le tende rimovibili nei bar, le insegne nelle vetrine dei negozi e (paradosso dei paradossi) la demolizione di edifici abusivi. A luglio di quell’anno, però, la direttrice generale Caterina Bon Valsassina con una circolare di 36 pagine ha fissato intorno a ogni articolo di questo decreto una quantità di condizioni tale da renderlo vano.
Altro caso è quello del tentativo di redigere un regolamento edilizio unico. In Italia, infatti, ognuno dei circa ottomila comuni, grande o piccolo che sia, ne ha uno proprio. Nel 2014 si è tentato di fare un regolamento edilizio uguale per tutti i comuni. Ci sono voluti 21 mesi di lavoro solamente per fissare delle definizioni che siano le stesse a livello nazionale. Dopo cinque anni questo primo passo non è ancora stato recepito da tutte le regioni. Un discorso analogo vale anche per i regolamenti di igiene.