Radon, un rischio invisibile da non sottovalutare
Tra obblighi normativi e soluzioni tecniche, la necessità di proteggere salute pubblica e ambienti costruiti
Il radon è un gas nobile, inerte, incolore e inodore, ma non per questo innocuo. La sua radioattività naturale lo rende estremamente pericoloso per la salute umana, in particolare se inalato in ambienti chiusi dove tende ad accumularsi. Le sue principali fonti risultano essere il terreno e alcuni materiali da costruzione di origine vulcanica, come tufo e granito. Quando penetra in locali interrati o scarsamente ventilati, può raggiungere concentrazioni elevate e diventare cancerogeno. Secondo le stime, l’esposizione al radon è la seconda causa di tumore polmonare dopo il fumo, responsabile ogni anno in Italia di circa 1.500-5.500 casi (dal 5 al 20% di tutti i casi).A livello normativo, la Direttiva 2013/59/EURATOM, pubblicata nel 2014 e da recepire entro il 2018, le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni del gas radon abrogando le precedenti direttive.
Fra le principali novità della Direttiva 2013/59/Euratom vi sono livelli di riferimento dell’esposizione più restrittivi rispetto ai precedenti livelli di azione indicati.
I valori sono espressi in Bq/m3 (Becquerel per metro cubo): ad esempio, una concentrazione di 100Bq/m3 vuol dire che 100 nuclei di radon si stanno trasformando, ogni secondo, in ogni metro cubo di aria, emettendo radiazioni.
In ambito lavorativo, la soglia è fissata a 300 Bq/m³, mentre per gli ambienti residenziali non esiste ancora una normativa italiana specifica. Si fa ancora riferimento a una raccomandazione europea del 1990 che indicava limiti di 400 Bq/m³ per edifici esistenti e 200 Bq/m³ per quelli nuovi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, sulla base di studi più recenti, consiglia addirittura di non superare i 100 Bq/m³.
Nonostante l’obbligo europeo, l’Italia si trova ancora in ritardo nel recepimento della direttiva e, di conseguenza, in stato di infrazione. Una mancanza preoccupante, considerando l’importanza del tema per la salute pubblica. Proprio la direttiva impone agli Stati membri di definire un Piano Nazionale Radon, con misure concrete per ridurre l’esposizione della popolazione e dei lavoratori. Tra queste, l’adozione di tecnologie e strategie edilizie in grado di contrastare l’ingresso del gas negli ambienti confinati. Le soluzioni vanno dalla depressurizzazione del suolo, che intercetta e convoglia il gas prima che entri nell’edificio, all’installazione di sistemi di ventilazione per diluirne la concentrazione, passando per la pressurizzazione interna degli ambienti, fino alla sigillatura dei punti critici con materiali impermeabili al radon.
Tra le tecnologie oggi più efficaci si inserisce il sistema DELTA®, progettato per creare barriere continue e affidabili alla risalita del gas dal suolo.
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