Vent'anni di DURC

La regolarità contributiva fattore centrale per una competizione trasparente tra le imprese e a garanzia di un "lavoro sano".
Un  convegno promosso e organizzato dalla CNCE dedicato a A 20 anni dalla sua nascita, il DURC continua ad essere uno strumento essenziale a difesa di un mercato delle costruzioni più trasparente e rispettoso della concorrenza, fondamentale per la sicurezza dei lavoratori e per una regolare competizione tra le imprese.
Come ha ricordato il presidente della CNCE Dario Firsech nel suo intervento introduttivo si tratta di “un’esperienzastraordinaria  alla quale oggi il mercato dell’edilizia è più sicuro e regolare. L’auspicio è che sia un riferimento anche per l’evoluzione della regolarità del mercato edile attraverso una crescita e una sempre maggiore diffusione del nuovo strumento rappresentato dalla Congruità.”
Una convinzione confermata dall’intervento di Michele Faioli, docente di diritto del lavoro all’Università Cattolica Sacro Cuore Milano, così come nel corso di una tavola rotonda da parte dei rappresentanti dei due enti pubblici preposti alle verifiche di regolarità contributiva, Antonio Pone, Direttore Centrale Entrate dell’INPS e Agatino Cariola, Direttore Centrale Assicurazione dell’INAIL; così come da parte di Paolo Pennesi, Direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Un contributo sullo scenario internazionale è stato portato da  SaraLau dell’Autorità Europea del Lavoro.
Dalla riflessione è emerso un forte pensiero comune relativamente al fatto che la storia del DURC, così come le banche dati oggi esistenti presso gli enti bilaterali delle costruzioni, costituiscono esempi lampanti del valore di un sistema consolidato e che contribuisce a garantire qualità e solidità ad un mercato che conserva problematiche sul fronte della sicurezza e della regolarità, così come del rispetto della concorrenza, evitando di alterare la competizione sul mercato finendo per penalizzare le imprese più virtuose.
A questo proposito il vicepresidente della CNCE Francesco Sannino ha ribadito “il valore del si-stema bilaterale e della rete delle Casse come baluardo della regolarità a salvaguardia dei diritti dei lavoratori e di una corretta e trasparente concorrenza tra le imprese”, auspicando un impegno di tutte le parti sociali a difesa della bilateralità e a sostegno di un processo sempre più efficace di trasparenza.
Chiamate in causa alcuni dei più autorevoli esponenti delle associazioni imprenditoriali e delle or-ganizzazioni sindacali si sono a loro volta confrontati sulle prospettive del sistema e sull’evoluzione degli strumenti a sostegno della regolarità contributiva ribadendo in maniera unitaria la volontà di contrastare ogni iniziativa volta a mettere in discussione l’importanza della bilateralità, sottovalutando i rischi e gli effetti del dumping contrattuale o in alcuni casi puntando a delegittimare questo sistema, mettendone in discussione l’utilità economica e le stesse preroga-tive previdenziali e assistenziali e a sostegno della sicurezza e della formazione.
Nel corso della tavola rotonda sono intervenuti Federica Brancaccio, Presidente ANCE, Fabrizio Sa-lomoni, CONFCOOPERATIVE Lavoro e Servizi (in rappresentanza della cooperazione), Alessandro Genovesi, Segretario generale FILLEA CGILVito Panzarella, segretario generale FENEAL UIL,Enzo Pelle, Segretario generale FILCA CISLGiuseppe Petracca, CONFAPI Aniem, Enzo Ponzio, Presidente CNA (in rappresentanza delle associazioni artigiane).
In conclusione del convegno si è tenuta la VI edizione della premiazione Casse Edili Awards.

Ccontinuano a crescere attività edilizia e occupazione
Il convegno è stata anche l’occasione per portare a conoscenza alcuni aggiornamenti statistici forniti dall’Osservatorio statistico della CNCE sull’andamento del mercato delle costruzioni che confermano come il settore continui a godere di ottima salute.
Sulla base del numero delle ore lavorate relative al primo semestre di quest’anno l’attività edilizia nel nostro Paese è cresciuta del 4% rispetto allo stesso periodo del 2023. Con una ricaduta positiva in termini di occupazione se il numero medio dei lavoratori attivi nello stesso periodo è aumentato del 5,3%. Riaspetto al 2022 l’aumento delle ore è stato del 6% e quello dei lavoratori del 9% e dove la crescita più consistente ha riguardato l’ultimo anno.

Nessun rallentamento, quindi, ma anzi un ulteriore balzo verso l’alto, con alcune, anche significative, differenze a livello territoriale.
Approfondendo il quadro regionale, relativamente all’area del Nord Ovest, va segnalata la flessione di attività in alcune province del Piemonte, così come in Val d’Aosta, che si ripercuote inevitabilmente sul dato relativo ai lavoratori e alle imprese.
Per quanto riguarda il Nord Est si registra un generale buon andamento con percentuali crescenti rispetto al 2022 in tutte le province del Veneto. Mercato stabile, invece, nelle due province autonome di Trento e Bolzano; mentre risulta più marcatamente differenziata la situazione tra le pro-vince del Friuli Venezia Giulia, per effetto della concentrazione soltanto in alcune province di lavori significativi.
Tra le regioni del Centro, a un andamento positivo in linea con la media italiana registrata in Emilia Romagna, spiccano le profonde differenze tra le diverse province nelle regioni delle Marche, del Lazio e dell’Abruzzo per effetto dell’incidenza rilevante dei lavori per la ricostruzione post ter-remoto, che premiano Macerata, Rieti, L’Aquila, Teramo e l’intera Umbria. Così come il Molise, dove si riscontra un aumento delle ore pari al 10%.
Nelle regioni del Sud l’attività risulta in forte crescita un po’ dovunque tanto che in alcune province raggiunge una percentuale a due cifre.
In Sicilia si registrano andamenti disomogenei tra provincia e provincia, con significative differenze sia in generale, tra aumento e riduzione di attività, che per quanto riguarda i valori percentuali. Andamento positivo anche nelle diverse province della Sardegna dove si riscontra una certa difficoltà dove sono maggiori le micro imprese.
Questo l’andamento relativo alle ore lavorate, per quanto riguarda la contrazione (seppur minima) del numero delle imprese attive, essa può essere imputata a una diversa distribuzione tra grandi, medi e piccoli lavori a vantaggio dei primi, con la conseguenza di ridurre l’attività soprattutto delle imprese più piccole. Il che verrebbe confermato da una più consistente riduzione di numero in modo particolare registrato nel Mezzogiorno.
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