Circ.Ass. 16/08/2005

L.R. 12.11.2004, n. 18. "Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui all'art. 32 del D.L. 30.9.2003, n. 269".
  • Forma giuridica: Cir. Ass. Terr. Amb.
  • Nazionale/Regionale: Leggi regionali
  • Regione: Basilicata
  • Categorico Leggi: Professione - Abusivismo/Condono
  • La Legge Regionale n. 18/2004 prevede una sanatoria più restrittiva ed onerosa di quella nazionale, sotto l'aspetto oggettivo e quantitativo.
    La norma, definite le opere escluse dalla sanatoria, contiene una distinzione tra: interventi eseguiti su immobili non soggetti a vincoli di tutela (art. 4A) e interventi eseguiti su immobili soggetti a vincoli di tutela (art. 4B).
    Gli interventi ed i relativi limiti dimensionali delle opere abusive sanabili, sono differenziati in ragione dell'appartenenza al punto A o B dell'art. 4 sopracitato.

    Questo Assessorato, sollecitato da numerosi quesiti pervenuti dai Comuni, tesi ad ottenere chiarimenti circa l'interpretazione di parti relative alla suddetta legge, ritiene opportuno formulare la seguente circolare esplicativa.
    Fermo restando che l'applicazione della nuova normativa in materia di sanatoria delle violazioni edilizie deve fare riferimento alla Circolare Ministeriale 17/06/1995 n. 2241/UL, emessa in attuazione del condono precedente introdotto dall'art. 39 L. 724/94, di seguito vengono esaminati alcuni aspetti contenuti nella L.R. 18/2004, ritenuti non chiari, al fine di uniformare la interpretazione dei Comuni.

    Opere non suscettibili di sanatoria - art. 3 comma 1.d)

    L'art. 3 comma 1.d) stabilisce il divieto di conseguire la sanatoria per le opere abusive eseguite su immobili sottoposti a vincoli di tutela e difformi dalla legislazione urbanistica e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici e/o paesistici vigenti alla data del 31/3/2003.
    La definizione di immobili soggetti a vincoli di tutela è affidata all'art. 2 comma 1.c) che tra l'altro fa riferimento al vincolo idrogeologico ed al vincolo di area protetta (parchi e riserve naturali).

    Il primo è imposto dal R.D.L. 30/12/1923 n. 3267.
    La normativa disposta dal R.D.L. 1923 e dal relativo regolamento di esecuzione, mira a conservare e proteggere i boschi intesi nella loro naturale funzione di strumenti di difesa geologica ed idrica del territorio.
    L'art. 1 del R.D.L., infatti, recita: "sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità e turbare il regime delle acque".

    È, pertanto, un vincolo che si ispira al principio di impedire forme di utilizzazione che possano, "con danno pubblico", determinare "denudazione", perdita di "stabilità", turbamento del "regime delle acque".
    La costruzione di una nuova opera su area soggetta a vincolo idrogeologico, in quanto possa incidere sui delicati equilibri al riguardo tutelati, è di volta in volta soggetta ad uno specifico apprezzamento tecnico, al fine di verificare l'attuabilità concreta delle norme di piano.

    Ciò posto, può oggi ricorrere la circostanza che un determinato territorio, pur formalmente, permanendovi il vincolo per scopi idrogeologici, si caratterizza per la perdita definitiva di ambito naturale (bosco) da tutelare, e viceversa, per una consolidata trasformazione antropica (zone A e B). Ove tale trasformazione sia avvenuta, subordinatamente ad autorizzazione e/o concessioni edilizie legittime del Corpo Forestale dello Stato, ora, Regione Basilicata, si è del parere che su territorio vincolato, R.D.L. 1923, nel quale, per lavori eseguiti, per mutate forme di utilizzazione dei terreni (art. 13) risulti di fatto cessato il pericolo di danni, possono essere suscettibili di sanatoria opere abusive, nel rispetto di limiti e condizioni di cui all'art. 4.B della L.R. 18 novembre 2004.

    Resta fermo l'obbligo per il Comune di acquisire il parere favorevole dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo a scopo idrogeologico, nel senso che il Comune non può provvedere senza aver preso cognizione del parere, il quale è anche vincolante ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
    La seconda questione riguarda il vincolo derivante dalla L. 394/91 che è Legge Quadro sulle aree naturali protette.
    Queste, ai sensi della L.R. 28/94, si distinguono in parchi naturali e riserve naturali.

    Ai sensi dell'art. 134 del D.L.vo n. 42/2004, sono beni paesaggistici, tra l'altro, i parchi e le riserve nazionali o regionali, ai quali, unitamente alle altre aree tutelate per legge (art. 142), si applicano le disposizioni del Titolo I - Parte Terza del D.L.vo 42/2004.
    Lo stesso art. 142 del Titolo I stabilisce che non si applicano le predette disposizioni alle aree che, alla data del 6/9/1985, erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B.
    Si contempla, cioè, una deroga dal vincolo paesaggistico relativamente a quelle zone in cui sono presuntivamente assenti i valori ambientali naturali tutelati, a causa di una consistente trasformazione antropica già in atto (zona A e B).

    La Regione Basilicata, poiché tale esenzione dal vincolo paesaggistico era prevista dall'art. 1 della L. 431/85, ha già deliberato in data 6/6/96 con D.G.R. n. 2942 circa la inapplicabilità del vincolo paesaggistico nelle zone A e B del D.M. 1444/68 riferita agli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della L. n. 431 medesima.
    Inoltre, si consideri che, con riferimento al Parco Nazionale del Pollino, risultano allegate al D.P.R. 15/11/93, istitutivo dell'Ente Parco stesso, "Misure di salvaguardia del parco" con le quali, all'art. 5, è stabilito un regime autorizzativi generale che, in sostanza, fa salve le previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali vigenti, con la conseguenza che il vincolo di parco sopraggiunto non automaticamente significa divieto di trasformazione antropica.

    Tale circostanza, che di fatto detta misure di salvaguardia dei regimi urbanistici vigenti in
    determinati perimetri (zona A, B, C, ecc.), aggiunta alla deroga dal vincolo paesaggistico di cui avanti detto, consente di precisare che anche nei comuni ricadenti nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino si può accedere al condono edilizio per opere abusive, ovviamente nel rispetto dei limiti e delle condizioni di cui all'art. 4B della L.R. 18/2004.

    Oggetto della sanatoria - art. 4

    Per l'ammissibilità della sanatoria, la L.R. n. 18 impone limiti quantitativi di volume o di superficie, riferiti sia alle opere eseguite su immobili non soggetti a vincoli di tutela, sia alle opere eseguite su immobili soggetti a vincoli di tutela.
    - Vi è un limite volumetrico che si applica alle costruzioni (nuove, ampliate e/o sopraelevate) indipendentemente dall'uso cui sono destinate (art. 4 comma 1.A.1) B.1) e ciò a differenza di quanto stabilito dalla normativa nazionale che detta limiti quantitativi riferiti soltanto alle nuove costruzioni residenziali.

    Si precisa che il calcolo della volumetria da sanare è da effettuarsi secondo la modalità di norma utilizzata dal Comune ove è localizzato l'abuso; si devono cioè considerare la definizione dei parametri o indici urbanistici ed edilizi definiti dalla normativa comunale vigente al 31/03/2003, ovvero indicati dalle norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici locali e/o dai regolamenti comunali.
    - Vi è poi un limite volumetrico (630 mc o 400 mc) che si applica nel caso di più richieste riferite ad uno stesso immobile funzionalmente autonomo.

    Si precisa che la fattispecie ipotizzata è un insieme di più unità immobiliari servite da un'unica scala; la tipologia potrebbe ad esempio configurare un condominio.
    Per la definizione di "unità immobiliare" si ritiene che si debba fare riferimento alla Circolare 17/6/95 n. 2241/UL del Ministero dei LL.PP. punto 3.3 (Riferimento all'unità immobiliare).
    - Altro limite dimensionale è indicato nel caso di mutamento da uso. Il limite è espresso non in volume, bensì in superficie.

    Nel caso di mutamento da uso agricolo non residenziale ad uso artigianale o commerciale il limite massimo ammissibile è pari a 200 metri quadrati, quando l'immobile oggetto di sanatoria non sia soggetto a vincoli di tutela; lo stesso mutamento d'uso relativo ad un immobile soggetto a vincoli di tutela, ammette un limite massimo pari a 150 metri quadrati di superficie.
    Si precisa che in tal caso la superficie è da intendersi come superficie netta calpestabile, ovvero come superficie di pavimento utile misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, al netto di scale interne, logge e balconi.

    Il concetto di conformità con le destinazioni

    In tema di mutamento d'uso, l'ammissibilità della sanatoria è consentita per le opere che abbiano comportato mutamento d'uso conforme con le destinazioni previste dagli strumenti urbanistici vigenti alla data del 31/03/2003.
    La conformità costituisce quindi un preciso vincolo per assentire la sanabilità del cambio d'uso.
    Si tratta di accertarsi preliminarmente che l'uso introdotto abusivamente sia un uso previsto, per la zona in cui ricade l'abuso, dallo strumento urbanistico generale e/o attuativo vigente.

    Nel caso di strumenti che determinano le destinazioni d'uso degli immobili mediante fissazione di soglia e valori percentuali massimi e minimi, si ritiene che l'accertamento di conformità non debba tener conto di tali valori ma esaurirsi alla sola constatazione che il regime d'uso abusivamente introdotto, sia ammesso dallo strumento urbanistico vigente, senza tener conto di ulteriori condizioni come la modalità attuativa (es. intervento diretto, necessità di PUE).

    Standards urbanistici - art. 4 comma 2a)

    Il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria nel caso di opere abusive che abbiano comportato mutamento d'uso è subordinato, tra l'altro, all'esistenza di spazi da destinare a standards nella misura minima prevista per le varie destinazioni dal D.M. n. 1444/68.
    Si evidenzia a titolo esemplificativo che:
    la variazione di destinazione d'uso da annessi agricoli a residenza in zona agricola, [art. 4° 5) e)], per immobili non costituenti insediamenti (vedasi art. 6 L.R. 28/91) non comporta variazione degli standards urbanistici, invece, la variazione da uso agricolo non residenziale ad uso artigianale o commerciale, comporta la variazione degli standards da 6 mq/ab., stabilita come quantità minima per la zona E, a quella stabilita per l'uso commerciale e/o artigianale rispettivamente 80 mq di spazio per ogni 100 mq di superficie lorda di pavimento per uso commerciale e direzionale e a 10% dell'intera superficie per uso artigianale.

    Il Comune dovrà definire i criteri per regolare la cessione di aree per standards ovvero la possibilità di porre a carico dei privati oneri equivalenti o uguali, ad esempio, l'assunzione di impegno ad eseguire direttamente le opere di urbanizzazione, a gestirle e a garantire la loro manutenzione.

    Allegati alla domanda di condono - art. 5 comma 5b)

    Alla domanda relativa alla definizione degli illeciti edilizi è allegata l'asseverazione del professionista, con la quale si dichiara, tra l'altro, l'osservanza alla normativa tecnica stabilita dalla Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274.
    Si precisa che, più correttamente, il professionista dovrà asseverare l'osservanza della "categoria sismica" di appartenenza del Comune con riferimento alla nuova classificazione di cui all'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274.
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