Delib.G.P.Trento 30/12/2003 n. 3499
Approvazione delle "Direttive per la corretta gestione dei rifiuti sanitari".
- Forma giuridica: Delibera Giunta provinciale
- Nazionale/Regionale: Leggi regionali
- Regione: Trentino Alto Adige
- Categorico Leggi: Ambiente - Rifiuti
LA GIUNTA PROVINCIALE
omissis
delibera
1) di approvare le direttive per la corretta gestione dei rifiuti sanitari, quali risultano formulate nel documento allegato alla presente deliberazione, della quale forma parte integrante e sostanziale;
2) di revocare la precedente deliberazione n. 4403 di data 24 aprile 1998 avente ad oggetto "Approvazione di direttive per la corretta gestione dei rifiuti sanitari";
3) di incaricare il Dipartimento Salute e Attività sociali, sentita l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente, di predisporre eventuali indicazioni tecnico operative per la gestione dei rifiuti sanitari.
ALLEGATO - DIRETTIVE PER LA CORRETTA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI
1. DISPOSIZIONI NORMATIVE DI RIFERIMENTO
La disciplina inerente la gestione dei rifiuti sanitari è dettata dai seguenti atti normativi:
- decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio), e successive modifiche ed integrazioni;
- decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, (Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari, a norma dell'art. 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179). La legge n. 179 del 2002 (Disposizioni in materia ambientale), aveva stabilito all'art. 24, rubricato "Smaltimento dei rifiuti sanitari", che con regolamento da emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute, sono disciplinate le modalità di smaltimento dei rifiuti sanitari, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, sulla base di criteri di semplificazione e di contenimento delle spese.
Ai sensi dell'art. 16 del regolamento ora citato, dalla sua entrata in vigore, sono abrogati:
il decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 219, (Regolamento recante la disciplina per la gestione dei rifiuti sanitari, ai sensi dell'art. 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22);
l'art. 2, comma 1 bis, della legge 16 novembre 2001, n. 405;
l'art. 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria) e successive modificazioni ed integrazioni;
- decreto ministeriale 28 settembre 1990 (Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private);
- Testo Unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, approvato con decreto del Presidente della Giunta provinciale 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl.
2. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI SANITARI
2.1. Definizione
Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, di seguito denominato D.P.R. n. 254 del 2003, per rifiuti sanitari si intendono i rifiuti:
- elencati a titolo esemplificativo negli allegati I e II dello stesso regolamento;
- che derivano da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, recante "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421", di seguito denominato D.Lgs. n. 502 del 1992, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), di seguito denominata l. n. 833 del 1978.
Un rifiuto, per essere qualificato come "sanitario", deve pertanto possedere contemporaneamente tutti i seguenti requisiti:
1) essere elencato, sia pure a titolo esemplificativo, negli allegati I (tipologie di rifiuti sanitari e loro classificazione) o II (rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo) al D.P.R. n. 254 del 2003;
2) derivare da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, le quali:
2a) svolgano attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca e
2b) eroghino le prestazioni di cui alla L. n. 833 del 1978: vale a dire le prestazioni erogate dalle USL concernenti prevenzione, cura, riabilitazione e medicina legale.
Si ritiene che il nuovo regolamento, in analogia a quanto previsto per la definizione generale di rifiuto, postuli una nozione complessa di rifiuto sanitario:
a) da un lato, esso reca una definizione oggettiva, ancorché non esaustiva, delle varie tipologie di rifiuti sanitari;
b) dall'altro rimarca una definizione soggettiva, laddove configura il rifiuto come sanitario se deriva da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, che svolgono, come già detto, attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed eroghino le prestazioni di cui alla L. n. 833 del 1978.
Ai sensi dell'art. 14 della L. n. 833 del 1978, rientrano tra i compiti delle strutture sanitarie la prevenzione delle malattie fisiche e psichiche; l'assistenza medico generica ed infermieristica, domiciliare ed ambulatoriale; l'assistenza medico-specialistica ed infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche; l'assistenza ospedaliera per le stesse malattie; la riabilitazione.
Ai sensi dell'art. 25 della medesima legge, le prestazioni curative comprendono l'assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica.
Per prevenzione si intende l'individuazione, l'accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e di lavoro; la comunicazione e diffusione dei dati accertati; l'indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di vita e di lavoro; la profilassi degli eventi morbosi; la verifica della compatibilità dei piani urbanistici con le esigenze di tutela dell'ambiente e della salute della popolazione e dei lavoratori.
Per cura si intende l'assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica. Le prestazioni medico-generiche, pediatriche, specialistiche e infermieristiche vengono erogate in forma sia ambulatoriale sia domiciliare. L'assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del Servizio sanitario nazionale operante nelle USL o nel Comune di residenza del cittadino. Le prestazioni medico-specialistiche, ivi comprese quelle di diagnostica strumentale e di laboratorio, sono fornite presso gli ambulatori e i presidi delle USL oppure da gabinetti specialistici, da ambulatori e da presidi convenzionati ai sensi della L. n. 833 del 1978. L'assistenza ospedaliera è prestata attraverso ospedali pubblici oppure altri istituti convenzionati.
Per riabilitazione si intendono le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa, erogate dalle USL attraverso i propri servizi oppure mediante convenzioni con istituti esistenti.
La L. n. 833 del 1978 ed il successivo D.Lgs. 502 del 1992 contemplano la possibilità di erogare le prestazioni curative nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario o in altre strutture pubbliche o private convenzionate o abilitate. Parimenti prevede l'art. 26 della L. n. 833 del 1978 con riferimento alle prestazioni sanitarie dirette a recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali.
Per quanto riguarda le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), definite come strutture nelle quali, in forma residenziale, sono organizzati servizi socio-assistenziali integrati a prevalente valenza sanitaria, gestite da soggetti pubblici e privati, esse trovano regolazione, sul piano dell'ordinamento provinciale, nell'art. 16 della legge provinciale 28 maggio 1998, n. 6 (Interventi a favore degli anziani e delle persone non autosufficienti o con gravi disabilità).
Le RSA assolvono ad una duplice funzione: socio-assistenziale e sanitaria. Infatti le RSA sono principalmente strutture sanitarie, nelle quali vengono erogate prestazioni sanitarie, quali assistenza sanitaria medica ed infermieristica generale e specialistica e trattamenti riabilitativi per il mantenimento ed il miglioramento dello stato di salute.
I rifiuti originati dalle prestazioni sanitarie erogate nell'ambito delle RSA, pertanto, rientrano nella disciplina stabilita dal D.P.R. n. 254 del 2003.
2.2. Classificazione dei rifiuti sanitari
Rifiuti sanitari non pericolosi: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera b) del D.P.R. n. 254 del 2003, i rifiuti sanitari non pericolosi sono i rifiuti sanitari non compresi tra i rifiuti pericolosi di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997.
L'allegato D del D.Lgs. n. 22 del 1997 contiene l'elenco tassativo e non meramente esemplificativo dei rifiuti individuati come pericolosi nell'ambito del territorio nazionale e comunitario, elenco identico a quello contenuto nella decisione 94/904/CE ("Decisione del Consiglio del 22 dicembre 1994 che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi) la quale è stata abrogata e sostituita, a decorrere dal 1° gennaio 2002, dalla decisione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 e da tre decisioni successive (decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE) che hanno apportato ulteriori modifiche all'elenco dei rifiuti.
Va precisato che sono rifiuti sanitari non pericolosi, ad esempio, i rifiuti taglienti inutilizzati (CER 180101 o 180201), costituiti da aghi, siringhe, lame, rasoi qualificati come rifiuti speciali.
Rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 254 del 2003 sono i rifiuti sanitari elencati a titolo esemplificativo nell'allegato II del D.P.R. n. 254 del 2003, compresi tra i rifiuti pericolosi contrassegnati con un asterisco "*" nell'allegato A della Dir. Min. 9 aprile 2002 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
Sono rifiuti di varia natura e provenienza, in prevalenza allo stato liquido, il cui "rischio" prevalente è quello chimico.
In questa categoria è possibile ricomprendere i liquidi di sviluppo e fissaggio derivanti dall'uso di apparecchiature radiologiche, i liquidi derivanti da attività laboratoristica, sostanze contenenti mercurio (es. termometri rotti), altre sostanze derivanti da attività laboratoristica o da preparazione di prodotti farmaceutici.
Elenco esemplificativo dei rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo di cui all'allegato II al D.P.R. n. 254 del 2003
CER Denominazione
18 01 08 * Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione. Medicinali citossici e citostatici dal settore sanitario o da attività di ricerca collegate
18 02 07 * Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione. Medicinali citossici e citostatici dal settore veterinario o da attività di ricerca collegate
18 01 06 * Sostanze chimiche di scarto, dal settore sanitario o da attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze pericolose ai sensi dell'art. 1 della decisione Europea 2001/118/CE
18 02 05 * Sostanze chimiche di scarto, dal settore veterinario o da attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze pericolose ai sensi dell'art. 1 della decisione Europea 2001/118/CE
18 01 10 * Rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici
13 01 01 * Oli per circuiti idraulici contenenti PCB
13 01 09 * Oli minerali per circuiti idraulici, clorurati
13 01 10 * Oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati
13 01 11 * Oli sintetici per circuiti idraulici
13 01 12 * Oli per circuiti idraulici facilmente biodegradabili
13 01 13 * Altri oli per circuiti idraulici
09 01 04 * Soluzioni fissative
09 01 01 * Soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa
17 06 01 * Materiali isolanti contenenti amianto
20 01 21 * Lampade fluorescenti
16 06 01 * Batterie al piombo
16 06 02 * Batterie al nichel-cadmio
16 06 03 * Batterie contenenti mercurio
Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03 (rifiuti sanitari da maternità, diagnosi e prevenzione delle malattie negli uomini) e 18.02.02 (rifiuti sanitari da ricerca, diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli animali) nell'allegato A della Dir. Min. 9 aprile 2002:
1. tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonché da ambienti dove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4 di cui all'allegato XI del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626
- di attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - e successive modificazioni, di seguito denominato D.Lgs. n. 626 del 1994;
2. i rifiuti elencati a titolo esemplificativo nell'allegato I del D.P.R. n. 254 del 2003 che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:
2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati;
2b) siano contaminati da:
2b1) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile;
2b2) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti;
2b3) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardio o liquido amniotico;
3. i rifiuti provenienti da attività veterinaria che:
3a) siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali;
3b) siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per i quali sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.
Rifiuti da esumazioni ed estumulazioni: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 254 del 2003 sono i seguenti rifiuti costituiti da parti, componenti, accessori e residui contenuti nelle casse utilizzate per inumazione o tumulazione:
1) assi e resti delle casse utilizzate per la sepoltura;
2) simboli religiosi, piedini, ornamenti, mezzi di movimentazione della cassa (es. maniglie);
3) avanzi di indumenti, imbottiture e similari;
4) resti non mortali di elementi biodegradabili inseriti nel cofano;
5) resti metallici di casse (es. zinco, piombo).
Rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera f), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali sono i seguenti rifiuti derivanti da attività cimiteriali:
1. materiali lapidei, inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale, terre di scavo, smurature e similari;
2. altri oggetti metallici o non metallici asportati prima della cremazione, tumulazione od inumazione.
Rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera g), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti sanitari assimilabili ai rifiuti urbani sono i seguenti rifiuti sanitari (sempreché non rientrino tra i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo e i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo) assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione dei rifiuti urbani:
1. i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie;
2. i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui;
3. vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e quantità siano assimilati agli urbani ai sensi dell'art. 21, comma 2, lettera g), del D.Lgs. n. 22 del 1997;
4. la spazzatura;
5. indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi;
6. i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'ambito delle strutture sanitarie;
7. i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti infettivi, i pannolini pediatrici ed i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine;
8. i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, effettuato ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera m) del D.P.R. n. 254 del 2003, a condizione che lo smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani. Lo smaltimento in discarica è sottoposto alle condizioni di cui all'art. 11, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 254 del 2003. In caso di smaltimento, per incenerimento o smaltimento in discarica, al di fuori dell'ambito territoriale ottimale, la raccolta ed il trasporto di questi rifiuti non è soggetta a privativa.
Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione sono le seguenti tipologie di rifiuti sanitari:
1 a) farmaci scaduti o inutilizzabili;
1 b) medicinali citossici e citostatici per uso umano o veterinario ed i materiali visibilmente contaminati che si generano dalla manipolazione ed uso degli stessi;
2. organi e parti anatomiche non riconoscibili di cui al punto 3 dell'allegato I al presente regolamento;
3. piccoli animali da esperimento di cui al punto 3 dell'allegato I al regolamento;
4. sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.
Rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera i) del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo sono i rifiuti speciali di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, con le caratteristiche di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), quali ad esempio quelli prodotti presso laboratori di analisi microbiologiche di alimenti, di acque o di cosmetici, presso industrie di emoderivati, istituti estetici e similari, ad esclusione degli assorbenti igienici.
Si tratta di una previsione normativa che estende la disciplina dei rifiuti sanitari in generale a quei rifiuti che - provenendo da attività e da strutture diverse da quella sanitaria - non potrebbero qualificarsi rifiuti sanitari, e tuttavia presentano il "rischio infettivo".
3. GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI
Allo scopo di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e della salute pubblica e controlli efficaci, i rifiuti sanitari vanno gestiti in modo da diminuirne la pericolosità, favorirne il reimpiego, il riciclaggio e il recupero e da ottimizzarne la raccolta, il trasporto e lo smaltimento.
In termini previsionali generali, l'art. 1, comma 4, del D.P.R. n. 254 del 2003 stabilisce che "le strutture sanitarie devono provvedere alla gestione dei rifiuti prodotti secondo criteri di sicurezza, nel rispetto dei principi stabiliti dal D.Lgs. n. 22 del 1997 e dal presente regolamento".
I criteri di gestione dei rifiuti sanitari sono sintetizzati dall'art. 4 del D.P.R. n. 254 del 2003, ai sensi del quale alle attività di deposito temporaneo, raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, intermediazione e commercio dei rifiuti sanitari, dei rifiuti da esumazioni ed estumulazioni e dei rifiuti provenienti da altre attività cimiteriali si applicano - in relazione alla classificazione di tali rifiuti come urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi e non pericolosi - le norme regolamentari e tecniche attuative del D.Lgs. n. 22 del 1997, ivi compresa la speciale disciplina stabilita dal D.P.R. n. 254 del 2003. Il capo II del regolamento in parola reca una dettagliata disciplina dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo - che rappresentano la fonte di maggiore preoccupazione sotto il profilo igienico-sanitario, - dettando, all'art. 8, prescrizioni puntuali per la gestione e lo smaltimento di tali categorie di rifiuti sanitari.
3.1. Rifiuti sanitari non pericolosi e rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo
Il D.P.R. n. 254 del 2003 definisce i rifiuti sanitari non pericolosi ed i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo ma non entra nel merito della gestione degli stessi.
Le modalità di gestione dei rifiuti sanitari pericolosi non sono diverse da quelle previste per qualsiasi rifiuto speciale pericoloso prodotto al di fuori della struttura sanitaria. Pertanto, la disciplina di tali tipologie di rifiuti è, in generale, contemplata dal D.Lgs. n. 22 del 1997.
In particolare, di seguito si specificano alcuni adempimenti od obblighi posti dalla normativa citata in capo al produttore ed al gestore.
Deposito temporaneo: il deposito temporaneo è un concetto innovativo stabilito dal D.Lgs. n. 22 del 1997 all'art. 6, comma 1, lettera m), che lo definisce come "raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti" ad una serie di condizioni tecniche specifiche che sono di seguito elencate dalla medesima norma.
Collocandosi in una fase precedente rispetto alle operazioni di gestione in senso stretto, il deposito temporaneo non necessita di una preventiva autorizzazione, a condizione che siano rispettati i limiti relativi alle quantità massime di sostanze presenti di cui all'art. 6, comma 1, lettera m), punto 1, ed inoltre siano osservati i seguenti limiti temporali o quantitativi:
- per i rifiuti non pericolosi: qualora nel corso dell'anno siano stati prodotti più di 20 metri cubi di rifiuti non pericolosi, essi devono essere asportati con cadenza non superiore a 3 mesi. Se nel corso dell'anno i quantitativi di rifiuti non pericolosi prodotti non superano i 20 metri cubi, l'asportazione deve avvenire con cadenza almeno annuale ed in ogni caso la frequenza di asportazione deve essere tale da consentire che l'insieme di rifiuti posti in deposito temporaneo non superi mai il quantitativo di 20 metri cubi;
- per i rifiuti pericolosi: qualora nel corso dell'anno siano stati prodotti più di 10 metri cubi di rifiuti pericolosi, essi devono essere asportati con cadenza non superiore a 2 mesi. Se nel corso dell'anno i quantitativi di rifiuti pericolosi prodotti non superano i 10 metri cubi l'asportazione deve avvenire con cadenza almeno annuale ed in ogni caso la frequenza di asportazione deve essere tale da consentire che l'insieme di rifiuti posti in deposito temporaneo non superi mai il quantitativo di 10 metri cubi.
Altre fasi di gestione dei rifiuti pericolosi: a seconda della tipologia di rifiuto e dello stato fisico, sono possibili operazioni di recupero (es. rigenerazione o recupero di solventi, rigenerazione degli acidi e delle basi) o operazioni di smaltimento (es. trattamento chimico-fisico-biologico, incenerimento, conferimento in discarica per i rifiuti allo stato solido). Si tratta di operazioni di gestione dei rifiuti che devono essere preventivamente autorizzate dalle pubbliche amministrazioni competenti.
Va ricordato che per quanto riguarda il trasporto, l'art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 22 del 1997 afferma che durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi, fra i quali vanno annoverati anche i rifiuti sanitari pericolosi, devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia.
Adempimenti amministrativi: per quanto riguarda i rifiuti sanitari non pericolosi, gli articoli 11 e 12 del D.Lgs. n. 22 del 1997, limitano l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico solo nei confronti dei produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali e artigianali, esclusi perciò i rifiuti non pericolosi provenienti da attività sanitaria. I medesimi articoli stabiliscono, invece, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione annuale al Catasto a carico di tutti "gli enti e imprese che producono rifiuti pericolosi".
L'obbligo riguarda, perciò, tutti i rifiuti pericolosi che sono prodotti da attività imputabili ad "Enti", cioè a complessi organizzati di persone e cose dotati di autonoma soggettività rispetto alle persone che ne fanno parte, o da attività svolte in forma d'impresa, cioè da attività economiche esercitate professionalmente ed organizzate al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi (art. 2082 del codice civile).
Di per sé l'esercizio della professione intellettuale quale quella del medico, pur dando luogo ad una prestazione di servizi sia dal punto di vista pratico che economico, non costituisce mai impresa, escludendo l'art. 2238, comma 2, del codice civile l'applicazione delle disposizioni relative all'imprenditore nei confronti dell'esercente una professione intellettuale. In tal senso si è espressamente pronunciato il Ministro dell'Ambiente con la circolare prot. n. 3402/V del 14 dicembre 1999.
Sono pertanto esclusi dall'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione al catasto i rifiuti sanitari pericolosi prodotti nell'esercizio di una professione intellettuale non inquadrata in una organizzazione d'impresa (singoli professionisti, medici generici, medici di famiglia, anche se si avvalgono della collaborazione di ausiliari).
Diversa è la situazione se l'esercizio della professione intellettuale costituisce elemento di una più ampia attività organizzata, come nel caso del medico che gestisce una casa di cura o un poliambulatorio. Sono infatti assoggettati all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione al catasto i rifiuti sanitari pericolosi prodotti da:
- enti (complessi organizzati di persone e cose aventi autonoma soggettività di diritto);
- attività sanitarie erogate da professionisti nell'ambito di una organizzazione d'impresa (ad esempio, cliniche, poliambulatori ecc.).
Va evidenziato inoltre che, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 254 del 2003, qualora l'attività del personale sanitario delle strutture pubbliche e private che erogano le prestazioni di cui alla L. n. 833 del 1978 e dal D.Lgs. n. 502 del 1992 siano svolte all'esterno delle stesse, si considerano luogo di produzione dei rifiuti sanitari le strutture medesime ai sensi dell'art. 58, comma 7-ter, del D.Lgs. n. 22 del 1997. Tale ultima disposizione prevede che "i rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività" precisando così la nozione di luogo di produzione quale definito dall'art. 6, lettera i), del D.Lgs. n. 22 del 1997 come "uno o più stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali originano i rifiuti".
Ulteriore deroga alla nozione di "luogo di produzione" (peraltro rientrante in quella espressamente contemplata e consentita dal D.Lgs. n. 22 del 1997) è quella disposta dal comma 3 dell'art. 4, là dove prevede che si considerano prodotti presso le strutture sanitarie di riferimento i rifiuti sanitari, con esclusione di quelli assimilabili agli urbani, prodotti presso gli ambulatori decentrati dell'azienda sanitaria di riferimento.
Per quanto riguarda le operazioni di gestione dei rifiuti sanitari, deve essere effettuata la comunicazione annuale di cui all'art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 22 del 1997 e deve essere compilato il registro di carico e scarico nei casi e secondo le modalità stabilite dagli articoli 11, comma 3, e 12 del medesimo D.Lgs. n. 22 del 1997. Indicazioni specifiche per la compilazione dei registri di carico e scarico sono contenute nel DM 1° aprile 1998, n. 148 (Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).
Per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti, l'art. 15, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 stabilisce che "durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare, in particolare, i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell'istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
L'art. 15, comma 2, del D.Lgs. n. 22 del 1997 prevede inoltre che "il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal detentore dei rifiuti, e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il detentore, e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni".
In particolare, come deroga all'obbligo della compilazione dei formulari per l'identificazione dei rifiuti trasportati, l'art. 15, comma 4, del D.Lgs. n. 22 del 1997 stabilisce che "le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, né ai trasporti di rifiuti che non eccedono la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore dei rifiuti stessi".
Indicazioni specifiche per la compilazione dei formulari di identificazione sono contenute nel DM 1° aprile 1998, n. 145 (Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).
Per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti alla struttura pubblica o privata nei casi in cui l'attività del personale sanitario sia svolta all'esterno della stessa, l'art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 254 del 2003 specifica che "il conferimento di tali rifiuti dal luogo in cui è effettuata la prestazione alla struttura sanitaria avviene sotto la responsabilità dell'operatore sanitario che ha fornito la prestazione, in tempo utile per garantire il rispetto dei termini di cui all'art. 8", ossia dei termini massimi di durata del deposito temporaneo.
Raccolta differenziata e recupero: l'art. 5 del D.P.R. n. 254 del 2003, stabilisce che "ai fini della riduzione del quantitativo dei rifiuti sanitari da avviare allo smaltimento, deve essere favorito il recupero di materia delle seguenti categorie di rifiuti sanitari, anche attraverso la raccolta differenziata:
a) contenitori in vetro di farmaci, di alimenti, di bevande, di soluzioni per infusione privati di cannule o di aghi ed accessori per la somministrazione, esclusi i contenitori di soluzioni di farmaci antiblastici o visibilmente contaminati da materiale biologico, che non siano radioattivi ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e non provengano da pazienti in isolamento infettivo;
b) altri rifiuti di imballaggio in vetro, di c
omissis
delibera
1) di approvare le direttive per la corretta gestione dei rifiuti sanitari, quali risultano formulate nel documento allegato alla presente deliberazione, della quale forma parte integrante e sostanziale;
2) di revocare la precedente deliberazione n. 4403 di data 24 aprile 1998 avente ad oggetto "Approvazione di direttive per la corretta gestione dei rifiuti sanitari";
3) di incaricare il Dipartimento Salute e Attività sociali, sentita l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente, di predisporre eventuali indicazioni tecnico operative per la gestione dei rifiuti sanitari.
ALLEGATO - DIRETTIVE PER LA CORRETTA GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI
1. DISPOSIZIONI NORMATIVE DI RIFERIMENTO
La disciplina inerente la gestione dei rifiuti sanitari è dettata dai seguenti atti normativi:
- decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio), e successive modifiche ed integrazioni;
- decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, (Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari, a norma dell'art. 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179). La legge n. 179 del 2002 (Disposizioni in materia ambientale), aveva stabilito all'art. 24, rubricato "Smaltimento dei rifiuti sanitari", che con regolamento da emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro della salute, sono disciplinate le modalità di smaltimento dei rifiuti sanitari, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, sulla base di criteri di semplificazione e di contenimento delle spese.
Ai sensi dell'art. 16 del regolamento ora citato, dalla sua entrata in vigore, sono abrogati:
il decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 219, (Regolamento recante la disciplina per la gestione dei rifiuti sanitari, ai sensi dell'art. 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22);
l'art. 2, comma 1 bis, della legge 16 novembre 2001, n. 405;
l'art. 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria) e successive modificazioni ed integrazioni;
- decreto ministeriale 28 settembre 1990 (Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private);
- Testo Unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, approvato con decreto del Presidente della Giunta provinciale 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl.
2. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI SANITARI
2.1. Definizione
Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, di seguito denominato D.P.R. n. 254 del 2003, per rifiuti sanitari si intendono i rifiuti:
- elencati a titolo esemplificativo negli allegati I e II dello stesso regolamento;
- che derivano da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, recante "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421", di seguito denominato D.Lgs. n. 502 del 1992, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), di seguito denominata l. n. 833 del 1978.
Un rifiuto, per essere qualificato come "sanitario", deve pertanto possedere contemporaneamente tutti i seguenti requisiti:
1) essere elencato, sia pure a titolo esemplificativo, negli allegati I (tipologie di rifiuti sanitari e loro classificazione) o II (rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo) al D.P.R. n. 254 del 2003;
2) derivare da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, le quali:
2a) svolgano attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca e
2b) eroghino le prestazioni di cui alla L. n. 833 del 1978: vale a dire le prestazioni erogate dalle USL concernenti prevenzione, cura, riabilitazione e medicina legale.
Si ritiene che il nuovo regolamento, in analogia a quanto previsto per la definizione generale di rifiuto, postuli una nozione complessa di rifiuto sanitario:
a) da un lato, esso reca una definizione oggettiva, ancorché non esaustiva, delle varie tipologie di rifiuti sanitari;
b) dall'altro rimarca una definizione soggettiva, laddove configura il rifiuto come sanitario se deriva da strutture pubbliche e private individuate ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, che svolgono, come già detto, attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed eroghino le prestazioni di cui alla L. n. 833 del 1978.
Ai sensi dell'art. 14 della L. n. 833 del 1978, rientrano tra i compiti delle strutture sanitarie la prevenzione delle malattie fisiche e psichiche; l'assistenza medico generica ed infermieristica, domiciliare ed ambulatoriale; l'assistenza medico-specialistica ed infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche; l'assistenza ospedaliera per le stesse malattie; la riabilitazione.
Ai sensi dell'art. 25 della medesima legge, le prestazioni curative comprendono l'assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica.
Per prevenzione si intende l'individuazione, l'accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e di lavoro; la comunicazione e diffusione dei dati accertati; l'indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di vita e di lavoro; la profilassi degli eventi morbosi; la verifica della compatibilità dei piani urbanistici con le esigenze di tutela dell'ambiente e della salute della popolazione e dei lavoratori.
Per cura si intende l'assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica. Le prestazioni medico-generiche, pediatriche, specialistiche e infermieristiche vengono erogate in forma sia ambulatoriale sia domiciliare. L'assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del Servizio sanitario nazionale operante nelle USL o nel Comune di residenza del cittadino. Le prestazioni medico-specialistiche, ivi comprese quelle di diagnostica strumentale e di laboratorio, sono fornite presso gli ambulatori e i presidi delle USL oppure da gabinetti specialistici, da ambulatori e da presidi convenzionati ai sensi della L. n. 833 del 1978. L'assistenza ospedaliera è prestata attraverso ospedali pubblici oppure altri istituti convenzionati.
Per riabilitazione si intendono le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa, erogate dalle USL attraverso i propri servizi oppure mediante convenzioni con istituti esistenti.
La L. n. 833 del 1978 ed il successivo D.Lgs. 502 del 1992 contemplano la possibilità di erogare le prestazioni curative nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario o in altre strutture pubbliche o private convenzionate o abilitate. Parimenti prevede l'art. 26 della L. n. 833 del 1978 con riferimento alle prestazioni sanitarie dirette a recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali.
Per quanto riguarda le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), definite come strutture nelle quali, in forma residenziale, sono organizzati servizi socio-assistenziali integrati a prevalente valenza sanitaria, gestite da soggetti pubblici e privati, esse trovano regolazione, sul piano dell'ordinamento provinciale, nell'art. 16 della legge provinciale 28 maggio 1998, n. 6 (Interventi a favore degli anziani e delle persone non autosufficienti o con gravi disabilità).
Le RSA assolvono ad una duplice funzione: socio-assistenziale e sanitaria. Infatti le RSA sono principalmente strutture sanitarie, nelle quali vengono erogate prestazioni sanitarie, quali assistenza sanitaria medica ed infermieristica generale e specialistica e trattamenti riabilitativi per il mantenimento ed il miglioramento dello stato di salute.
I rifiuti originati dalle prestazioni sanitarie erogate nell'ambito delle RSA, pertanto, rientrano nella disciplina stabilita dal D.P.R. n. 254 del 2003.
2.2. Classificazione dei rifiuti sanitari
Rifiuti sanitari non pericolosi: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera b) del D.P.R. n. 254 del 2003, i rifiuti sanitari non pericolosi sono i rifiuti sanitari non compresi tra i rifiuti pericolosi di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997.
L'allegato D del D.Lgs. n. 22 del 1997 contiene l'elenco tassativo e non meramente esemplificativo dei rifiuti individuati come pericolosi nell'ambito del territorio nazionale e comunitario, elenco identico a quello contenuto nella decisione 94/904/CE ("Decisione del Consiglio del 22 dicembre 1994 che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell'art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi) la quale è stata abrogata e sostituita, a decorrere dal 1° gennaio 2002, dalla decisione 2000/532/CE del 3 maggio 2000 e da tre decisioni successive (decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e 2001/573/CE) che hanno apportato ulteriori modifiche all'elenco dei rifiuti.
Va precisato che sono rifiuti sanitari non pericolosi, ad esempio, i rifiuti taglienti inutilizzati (CER 180101 o 180201), costituiti da aghi, siringhe, lame, rasoi qualificati come rifiuti speciali.
Rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 254 del 2003 sono i rifiuti sanitari elencati a titolo esemplificativo nell'allegato II del D.P.R. n. 254 del 2003, compresi tra i rifiuti pericolosi contrassegnati con un asterisco "*" nell'allegato A della Dir. Min. 9 aprile 2002 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
Sono rifiuti di varia natura e provenienza, in prevalenza allo stato liquido, il cui "rischio" prevalente è quello chimico.
In questa categoria è possibile ricomprendere i liquidi di sviluppo e fissaggio derivanti dall'uso di apparecchiature radiologiche, i liquidi derivanti da attività laboratoristica, sostanze contenenti mercurio (es. termometri rotti), altre sostanze derivanti da attività laboratoristica o da preparazione di prodotti farmaceutici.
Elenco esemplificativo dei rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo di cui all'allegato II al D.P.R. n. 254 del 2003
CER Denominazione
18 01 08 * Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione. Medicinali citossici e citostatici dal settore sanitario o da attività di ricerca collegate
18 02 07 * Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione. Medicinali citossici e citostatici dal settore veterinario o da attività di ricerca collegate
18 01 06 * Sostanze chimiche di scarto, dal settore sanitario o da attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze pericolose ai sensi dell'art. 1 della decisione Europea 2001/118/CE
18 02 05 * Sostanze chimiche di scarto, dal settore veterinario o da attività di ricerca collegate, pericolose o contenenti sostanze pericolose ai sensi dell'art. 1 della decisione Europea 2001/118/CE
18 01 10 * Rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici
13 01 01 * Oli per circuiti idraulici contenenti PCB
13 01 09 * Oli minerali per circuiti idraulici, clorurati
13 01 10 * Oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati
13 01 11 * Oli sintetici per circuiti idraulici
13 01 12 * Oli per circuiti idraulici facilmente biodegradabili
13 01 13 * Altri oli per circuiti idraulici
09 01 04 * Soluzioni fissative
09 01 01 * Soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa
17 06 01 * Materiali isolanti contenenti amianto
20 01 21 * Lampade fluorescenti
16 06 01 * Batterie al piombo
16 06 02 * Batterie al nichel-cadmio
16 06 03 * Batterie contenenti mercurio
Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03 (rifiuti sanitari da maternità, diagnosi e prevenzione delle malattie negli uomini) e 18.02.02 (rifiuti sanitari da ricerca, diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli animali) nell'allegato A della Dir. Min. 9 aprile 2002:
1. tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonché da ambienti dove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4 di cui all'allegato XI del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626
- di attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE e 99/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - e successive modificazioni, di seguito denominato D.Lgs. n. 626 del 1994;
2. i rifiuti elencati a titolo esemplificativo nell'allegato I del D.P.R. n. 254 del 2003 che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:
2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati;
2b) siano contaminati da:
2b1) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile;
2b2) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti;
2b3) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardio o liquido amniotico;
3. i rifiuti provenienti da attività veterinaria che:
3a) siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali;
3b) siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per i quali sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi.
Rifiuti da esumazioni ed estumulazioni: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 254 del 2003 sono i seguenti rifiuti costituiti da parti, componenti, accessori e residui contenuti nelle casse utilizzate per inumazione o tumulazione:
1) assi e resti delle casse utilizzate per la sepoltura;
2) simboli religiosi, piedini, ornamenti, mezzi di movimentazione della cassa (es. maniglie);
3) avanzi di indumenti, imbottiture e similari;
4) resti non mortali di elementi biodegradabili inseriti nel cofano;
5) resti metallici di casse (es. zinco, piombo).
Rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera f), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali sono i seguenti rifiuti derivanti da attività cimiteriali:
1. materiali lapidei, inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale, terre di scavo, smurature e similari;
2. altri oggetti metallici o non metallici asportati prima della cremazione, tumulazione od inumazione.
Rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera g), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti sanitari assimilabili ai rifiuti urbani sono i seguenti rifiuti sanitari (sempreché non rientrino tra i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo e i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo) assoggettati al regime giuridico e alle modalità di gestione dei rifiuti urbani:
1. i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie;
2. i rifiuti derivanti dall'attività di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui;
3. vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari circuiti di raccolta differenziata, nonché altri rifiuti non pericolosi che per qualità e quantità siano assimilati agli urbani ai sensi dell'art. 21, comma 2, lettera g), del D.Lgs. n. 22 del 1997;
4. la spazzatura;
5. indumenti e lenzuola monouso e quelli di cui il detentore intende disfarsi;
6. i rifiuti provenienti da attività di giardinaggio effettuata nell'ambito delle strutture sanitarie;
7. i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti infettivi, i pannolini pediatrici ed i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine;
8. i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione, effettuato ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera m) del D.P.R. n. 254 del 2003, a condizione che lo smaltimento avvenga in impianti di incenerimento per rifiuti urbani. Lo smaltimento in discarica è sottoposto alle condizioni di cui all'art. 11, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 254 del 2003. In caso di smaltimento, per incenerimento o smaltimento in discarica, al di fuori dell'ambito territoriale ottimale, la raccolta ed il trasporto di questi rifiuti non è soggetta a privativa.
Rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera h), del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione sono le seguenti tipologie di rifiuti sanitari:
1 a) farmaci scaduti o inutilizzabili;
1 b) medicinali citossici e citostatici per uso umano o veterinario ed i materiali visibilmente contaminati che si generano dalla manipolazione ed uso degli stessi;
2. organi e parti anatomiche non riconoscibili di cui al punto 3 dell'allegato I al presente regolamento;
3. piccoli animali da esperimento di cui al punto 3 dell'allegato I al regolamento;
4. sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.
Rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo: ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera i) del D.P.R. n. 254 del 2003 i rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo sono i rifiuti speciali di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, con le caratteristiche di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), quali ad esempio quelli prodotti presso laboratori di analisi microbiologiche di alimenti, di acque o di cosmetici, presso industrie di emoderivati, istituti estetici e similari, ad esclusione degli assorbenti igienici.
Si tratta di una previsione normativa che estende la disciplina dei rifiuti sanitari in generale a quei rifiuti che - provenendo da attività e da strutture diverse da quella sanitaria - non potrebbero qualificarsi rifiuti sanitari, e tuttavia presentano il "rischio infettivo".
3. GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI
Allo scopo di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e della salute pubblica e controlli efficaci, i rifiuti sanitari vanno gestiti in modo da diminuirne la pericolosità, favorirne il reimpiego, il riciclaggio e il recupero e da ottimizzarne la raccolta, il trasporto e lo smaltimento.
In termini previsionali generali, l'art. 1, comma 4, del D.P.R. n. 254 del 2003 stabilisce che "le strutture sanitarie devono provvedere alla gestione dei rifiuti prodotti secondo criteri di sicurezza, nel rispetto dei principi stabiliti dal D.Lgs. n. 22 del 1997 e dal presente regolamento".
I criteri di gestione dei rifiuti sanitari sono sintetizzati dall'art. 4 del D.P.R. n. 254 del 2003, ai sensi del quale alle attività di deposito temporaneo, raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, intermediazione e commercio dei rifiuti sanitari, dei rifiuti da esumazioni ed estumulazioni e dei rifiuti provenienti da altre attività cimiteriali si applicano - in relazione alla classificazione di tali rifiuti come urbani, assimilati agli urbani, speciali, pericolosi e non pericolosi - le norme regolamentari e tecniche attuative del D.Lgs. n. 22 del 1997, ivi compresa la speciale disciplina stabilita dal D.P.R. n. 254 del 2003. Il capo II del regolamento in parola reca una dettagliata disciplina dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo - che rappresentano la fonte di maggiore preoccupazione sotto il profilo igienico-sanitario, - dettando, all'art. 8, prescrizioni puntuali per la gestione e lo smaltimento di tali categorie di rifiuti sanitari.
3.1. Rifiuti sanitari non pericolosi e rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo
Il D.P.R. n. 254 del 2003 definisce i rifiuti sanitari non pericolosi ed i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo ma non entra nel merito della gestione degli stessi.
Le modalità di gestione dei rifiuti sanitari pericolosi non sono diverse da quelle previste per qualsiasi rifiuto speciale pericoloso prodotto al di fuori della struttura sanitaria. Pertanto, la disciplina di tali tipologie di rifiuti è, in generale, contemplata dal D.Lgs. n. 22 del 1997.
In particolare, di seguito si specificano alcuni adempimenti od obblighi posti dalla normativa citata in capo al produttore ed al gestore.
Deposito temporaneo: il deposito temporaneo è un concetto innovativo stabilito dal D.Lgs. n. 22 del 1997 all'art. 6, comma 1, lettera m), che lo definisce come "raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti" ad una serie di condizioni tecniche specifiche che sono di seguito elencate dalla medesima norma.
Collocandosi in una fase precedente rispetto alle operazioni di gestione in senso stretto, il deposito temporaneo non necessita di una preventiva autorizzazione, a condizione che siano rispettati i limiti relativi alle quantità massime di sostanze presenti di cui all'art. 6, comma 1, lettera m), punto 1, ed inoltre siano osservati i seguenti limiti temporali o quantitativi:
- per i rifiuti non pericolosi: qualora nel corso dell'anno siano stati prodotti più di 20 metri cubi di rifiuti non pericolosi, essi devono essere asportati con cadenza non superiore a 3 mesi. Se nel corso dell'anno i quantitativi di rifiuti non pericolosi prodotti non superano i 20 metri cubi, l'asportazione deve avvenire con cadenza almeno annuale ed in ogni caso la frequenza di asportazione deve essere tale da consentire che l'insieme di rifiuti posti in deposito temporaneo non superi mai il quantitativo di 20 metri cubi;
- per i rifiuti pericolosi: qualora nel corso dell'anno siano stati prodotti più di 10 metri cubi di rifiuti pericolosi, essi devono essere asportati con cadenza non superiore a 2 mesi. Se nel corso dell'anno i quantitativi di rifiuti pericolosi prodotti non superano i 10 metri cubi l'asportazione deve avvenire con cadenza almeno annuale ed in ogni caso la frequenza di asportazione deve essere tale da consentire che l'insieme di rifiuti posti in deposito temporaneo non superi mai il quantitativo di 10 metri cubi.
Altre fasi di gestione dei rifiuti pericolosi: a seconda della tipologia di rifiuto e dello stato fisico, sono possibili operazioni di recupero (es. rigenerazione o recupero di solventi, rigenerazione degli acidi e delle basi) o operazioni di smaltimento (es. trattamento chimico-fisico-biologico, incenerimento, conferimento in discarica per i rifiuti allo stato solido). Si tratta di operazioni di gestione dei rifiuti che devono essere preventivamente autorizzate dalle pubbliche amministrazioni competenti.
Va ricordato che per quanto riguarda il trasporto, l'art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 22 del 1997 afferma che durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi, fra i quali vanno annoverati anche i rifiuti sanitari pericolosi, devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia.
Adempimenti amministrativi: per quanto riguarda i rifiuti sanitari non pericolosi, gli articoli 11 e 12 del D.Lgs. n. 22 del 1997, limitano l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico solo nei confronti dei produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali e artigianali, esclusi perciò i rifiuti non pericolosi provenienti da attività sanitaria. I medesimi articoli stabiliscono, invece, l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione annuale al Catasto a carico di tutti "gli enti e imprese che producono rifiuti pericolosi".
L'obbligo riguarda, perciò, tutti i rifiuti pericolosi che sono prodotti da attività imputabili ad "Enti", cioè a complessi organizzati di persone e cose dotati di autonoma soggettività rispetto alle persone che ne fanno parte, o da attività svolte in forma d'impresa, cioè da attività economiche esercitate professionalmente ed organizzate al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi (art. 2082 del codice civile).
Di per sé l'esercizio della professione intellettuale quale quella del medico, pur dando luogo ad una prestazione di servizi sia dal punto di vista pratico che economico, non costituisce mai impresa, escludendo l'art. 2238, comma 2, del codice civile l'applicazione delle disposizioni relative all'imprenditore nei confronti dell'esercente una professione intellettuale. In tal senso si è espressamente pronunciato il Ministro dell'Ambiente con la circolare prot. n. 3402/V del 14 dicembre 1999.
Sono pertanto esclusi dall'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione al catasto i rifiuti sanitari pericolosi prodotti nell'esercizio di una professione intellettuale non inquadrata in una organizzazione d'impresa (singoli professionisti, medici generici, medici di famiglia, anche se si avvalgono della collaborazione di ausiliari).
Diversa è la situazione se l'esercizio della professione intellettuale costituisce elemento di una più ampia attività organizzata, come nel caso del medico che gestisce una casa di cura o un poliambulatorio. Sono infatti assoggettati all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico e della comunicazione al catasto i rifiuti sanitari pericolosi prodotti da:
- enti (complessi organizzati di persone e cose aventi autonoma soggettività di diritto);
- attività sanitarie erogate da professionisti nell'ambito di una organizzazione d'impresa (ad esempio, cliniche, poliambulatori ecc.).
Va evidenziato inoltre che, ai sensi dell'art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 254 del 2003, qualora l'attività del personale sanitario delle strutture pubbliche e private che erogano le prestazioni di cui alla L. n. 833 del 1978 e dal D.Lgs. n. 502 del 1992 siano svolte all'esterno delle stesse, si considerano luogo di produzione dei rifiuti sanitari le strutture medesime ai sensi dell'art. 58, comma 7-ter, del D.Lgs. n. 22 del 1997. Tale ultima disposizione prevede che "i rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività" precisando così la nozione di luogo di produzione quale definito dall'art. 6, lettera i), del D.Lgs. n. 22 del 1997 come "uno o più stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali originano i rifiuti".
Ulteriore deroga alla nozione di "luogo di produzione" (peraltro rientrante in quella espressamente contemplata e consentita dal D.Lgs. n. 22 del 1997) è quella disposta dal comma 3 dell'art. 4, là dove prevede che si considerano prodotti presso le strutture sanitarie di riferimento i rifiuti sanitari, con esclusione di quelli assimilabili agli urbani, prodotti presso gli ambulatori decentrati dell'azienda sanitaria di riferimento.
Per quanto riguarda le operazioni di gestione dei rifiuti sanitari, deve essere effettuata la comunicazione annuale di cui all'art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 22 del 1997 e deve essere compilato il registro di carico e scarico nei casi e secondo le modalità stabilite dagli articoli 11, comma 3, e 12 del medesimo D.Lgs. n. 22 del 1997. Indicazioni specifiche per la compilazione dei registri di carico e scarico sono contenute nel DM 1° aprile 1998, n. 148 (Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti ai sensi degli articoli 12, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).
Per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti, l'art. 15, comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997 stabilisce che "durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare, in particolare, i seguenti dati:
a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell'istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.
L'art. 15, comma 2, del D.Lgs. n. 22 del 1997 prevede inoltre che "il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal detentore dei rifiuti, e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il detentore, e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni".
In particolare, come deroga all'obbligo della compilazione dei formulari per l'identificazione dei rifiuti trasportati, l'art. 15, comma 4, del D.Lgs. n. 22 del 1997 stabilisce che "le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, né ai trasporti di rifiuti che non eccedono la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore dei rifiuti stessi".
Indicazioni specifiche per la compilazione dei formulari di identificazione sono contenute nel DM 1° aprile 1998, n. 145 (Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti ai sensi degli articoli 15, 18, comma 2, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).
Per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti alla struttura pubblica o privata nei casi in cui l'attività del personale sanitario sia svolta all'esterno della stessa, l'art. 4, comma 2, del D.P.R. n. 254 del 2003 specifica che "il conferimento di tali rifiuti dal luogo in cui è effettuata la prestazione alla struttura sanitaria avviene sotto la responsabilità dell'operatore sanitario che ha fornito la prestazione, in tempo utile per garantire il rispetto dei termini di cui all'art. 8", ossia dei termini massimi di durata del deposito temporaneo.
Raccolta differenziata e recupero: l'art. 5 del D.P.R. n. 254 del 2003, stabilisce che "ai fini della riduzione del quantitativo dei rifiuti sanitari da avviare allo smaltimento, deve essere favorito il recupero di materia delle seguenti categorie di rifiuti sanitari, anche attraverso la raccolta differenziata:
a) contenitori in vetro di farmaci, di alimenti, di bevande, di soluzioni per infusione privati di cannule o di aghi ed accessori per la somministrazione, esclusi i contenitori di soluzioni di farmaci antiblastici o visibilmente contaminati da materiale biologico, che non siano radioattivi ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e non provengano da pazienti in isolamento infettivo;
b) altri rifiuti di imballaggio in vetro, di c