Stato di rischio del territorio italiano - Rapporto ANCE-CRESME 2023
Si è svolta preso la sede dell’Ance la presentazione del secondo
rapporto Ance-Cresme che a distanza di 10 anni ha scattato una nuova
fotografia sullo stato di salute del territorio italiano.
L’incontro si è svolto alla presenza del Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, che ha ringraziato l’ANCE per aver promosso questa azione di monitoraggio necessaria per poter intervenire in modo tempestivo sulle aree a rischio. Il Ministro ha poi annunciato “un disegno di legge per la ricostruzione che andrà in Consiglio dei ministri alla prossima seduta” e ha aggiunto che “l’importante è un piano di programmazione con risorse e tempi necessari per raggiungere gli obiettivi”.Dallo studio illustrato da Bellicini è emerso che dal 2010 la spesa per i danni da alluvioni e dissesto idrogeologico è triplicata raggiungendo 3,3 miliardi l’anno. A questa si aggiungono 3 miliardi di euro annui di danni derivanti da eventi sismici. Dati allarmanti che spingono l’Ance a chiedere di intervenire con maggiore efficacia sulla prevenzione. Un appello condiviso anche dal Capo dipartimento Casa Italia Luigi Ferrara. I dati elaborati dal Centro studi hanno mostrato che l’Italia è il maggiore beneficiario del Fondo di solidarietà Ue.
Per la Presidente Ance “è necessario un richiamo alla responsabilità: servono opere di prevenzione e intervenire con coraggio contro l’abusivismo”.
I costi del mancato controllo del territorio italiano dal 1944 a oggi ammontano a 358 miliardi di euro con una media in 80 anni di 4,5 miliardi, che negli ultimi 13 anni si gonfiano fino a 6 miliardi l’anno. Il solo dissesto costa 112 miliardi di cui 66 in 65 anni (1944-2009) e ben 46 miliardi negli ultimi 13 anni (2010-2023): passando quindi da 1 miliardo a ben 3,3 miliardi l’anno.
Più importante la quota a carico dei terremoti con un totale di 246 miliardi di euro di cui 208 miliardi (3,1 annui) tra il 1944 e il 2009 e 38 miliardi (2,7 annui) tra il 2010 e il 2023. Mentre sul fronte delle alluvioni, tragicamente tornate a colpire il nostro territorio negli ultimi mesi, i dati sono altrettanto impietosi: sono 2,4 milioni le persone a rischio elevato, 1 milione di famiglie, 632mila edifici e e 226mila imprese ma si arriva facilmente a quasi 7 milioni di persone esposte se si considera il rischio medio arrivando a quota 12,3 milioni per il rischio moderato e basso, spiega il dossier.
Per gli eventi alluvionali si contano negli ultimi 12 anni 120 episodi, 170 vittime e 70 feriti. Il più importante come impatto tra quelle recenti l’alluvione che si è abbattuta sull’Emilia-Romagna con una prima stima di costi di 8,8 miliardi.
Un quadro in peggioramento anche sul fronte della dispersione dell’acqua dove nella serie storica dello spreco si passa dal 32,6% del 1999 al 42,2% del 2020. Un aumento costante e ineluttabile: senza interventi di ripristino e di manutenzione il quadro è destinato solo a peggiorare e la quota di dispersione ad aumentare ulteriormente. Le quote maggiori di sprechi sono a carico del Sii (servizio idrico integrato) con il 54,3% delle perdite; segue l’agricoltura con il 33% e l’industria con il 7,5%.
Un’inversione di tendenza invece per il consumo di suolo già a partire dal 2001-2010. Analizzando la crescita media annua di suolo consumato sulla base dei dati Ispra il documento rileva come il consumo sia passato da 240 kmq consumati ogni anno nel periodo 1960 – 1990 a una media di 60 kmq tra 2016 e 2022. Risultato frutto delle buone politiche ma anche del crollo della domanda di nuovi spazi e grazie anche alle politiche che improntano la progettazione dello sviluppo urbano: riqualificare e rigenerare l’esistente piuttosto che creare nuovi agglomerati.